sabato 25 dicembre 2010

Chattando molto leggermente su KGS con un vecchio amico Umanista, Olivier Turquet , mi lamentavo di certe attitudini super consumistiche di uno dei miei figli quando lui facendo un parallelo con Francesco, il quale prima di convertirsi aveva sperimentato pienamente la vita secolare, mi scrive:

oliviert: sperimentare il nonsenso è un'ottima starda per comprendere il Senso

Mi è piaciuta molto questa frase, perchè è sintetica aperta a tante interpretazioni e ottimista.

mercoledì 22 dicembre 2010

Due famiglie oggi.

La famiglia A:
Il Papà commerciante, la Mamma impiegata, i due figli vanno a scuola e la Domenica tutti assieme vanno in chiesa.
Il Nonno rimasto vedovo vive da solo e l 'accudisce una badante.
Il Sogno di questa famiglia e comprarsi la casa in montagna.

Famiglia B
Lui medico ateo, l 'altro Lui architetto e cattolico non praticante, la Domenica la passano a fare volontariato, il Papà del medico, rimasto vedovo, vive con loro.
Il loro sogno è riuscire a costruire un ospedale a Port au Prince ad Haity per aiutare la popolazione e per far questo dedicano gran parte del loro tempo libero a procurare fondi e compagni di avventura.

Vi chiedo, avete qualche dubbio su quale famiglia piaccià di più alle chiese cristiane evangeliche e non?

Vi siete risposti?

E adesso, avete qualche dubbio su quale, tra queste due famiglie sia più simpatica agli occhi di Gesù?

Per chi ha dubbi.
Premettendo che:

I Leviti erano i membri della tribù israelitica di Levi.

Ad essi era affidato il compito di sorvegliare il tabernacolo e il Tempio. La linea sacerdotale di Aronne (un gruppo che faceva parte dei Leviti e i cui membri erano detti cohanim) era quella che si occupava concretamente dei sacrifici rituali, mentre gli altri Leviti avevano il compito di cantare, di suonare e di assistere. I Leviti sono descritti come i guardiani di Dio, il suo esercito personale che trasportava scalzo l'arca dell'alleanza.Si legge nel Vangelo secondo Luca:"


e che : I Samaritani secondo quanto afferma la Bibbia ( non storicamente comprovato), erano i discendenti unicamente degli stranieri pagani deportati in Israele nel 721 a.C., per sostituire le popolazioni ebraiche totalmente deportate, quindi considerati "inferiori"dagli ebrei del tempo.

Leggiamo adesso la parabola del buon Samaritano che troviamo nel Vangelo secondo Luca:

25Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: "Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?". 26Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?". 27Costui rispose: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso". 28E Gesù: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai".

29Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è il mio prossimo?". 30Gesù riprese:

"Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?". 37Quegli rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' lo stesso".


venerdì 10 dicembre 2010

Elefante e uomo: una drammatica convivenza

Previsioni pessimistiche sul futuro del gigante africano prigioniero di riserve troppo strette per le sue esigenze vitali


Previsioni pessimistiche sul futuro del gigante africano prigioniero di riserve troppo strette per le sue esigenze vitali Elefante e uomo: una drammatica convivenza C'e' un futuro fosco per l'elefante africano. Se penso a lui con la mentalita' dell'ecologo, non posso non notare come la difficolta' di convivenza con la nostra specie discenda da una certa somiglianza dei ruoli, nello stesso ecosistema. Tendenza alla predominanza, intelligenza, necessita' di una gran quantita' di risorse, propensione per l'esplosione demografica, queste le principali somiglianze. E' questa la realta': l'elefante e l'uomo, in Africa, mal si sopportano perche', per certi aspetti, si sovrappongono. Cio' appare tragicamente sempre piu' evidente ora che, almeno in parte, il problema del traffico dell'avorio e' risolto. E scrivo in parte riferendomi alle convenzioni internazionali, che ormai l'elefante lo proteggono sufficientemente pur permanendo il bracconaggio e il commercio clandestino. Fatto sta che gli elefanti che venivano massacrati per prelevare l'avorio oggi lo sono ancora perche' debordano dalle aree protette. Le barriere che tendono a evitare che entrino nelle zone coltivate, disturbano il loro comportamento, impediscono le migrazioni, ne fanno, in molti casi, "animali problematici", dannosi e pericolosi. D'altro canto le aree protette a loro riservate sono quantitativamente inadeguate, e questi animali a rischio di estinzione contraddittoriamente si trovano a vivere in uno stato di sovraffollamento che deprime la stessa biodiversita' dell'ambiente protetto. Difficile fare qualcosa di programmato a lungo termine nel continente africano, che vive in uno stato di instabilita' politica, di guerre e guerriglie, di necessita' di trovare soluzioni attuali per una popolazione umana in drammatico incremento demografico, con classi dominanti spesso impreparate a declinare in modo accettabile economia e ecologia. Questo pessimismo sul futuro dell'elefante africano l'ho tratto (o almeno ne ho avuto conferma) dal saggio di Joyce Poole "Ritorno in Africa" che e' appena stato pubblicato da Mondadori. Joyce Poole e' un'etologa che ha fatto ricerche sul campo sul comportamento dell'elefante per un paio di decenni, e che da qualche tempo si occupa in modo pratico della conservazione di questa specie. Le conoscenze sul comportamento sono essenziali per tentare, in qualche modo, di gestire questa complessa specie. La socialita' fondata sul matriarcato determina una peculiare distribuzione nello spazio degli individui che, proprio per l'alta socialita', per l'altruismo, devono sempre venire considerati come parte di un gruppo complesso dove tutte le classi sociali devono trovare una loro rappresentanza. La caccia in funzione dell'avorio, per contro, non solo ha drammaticamente fatto scomparire i vecchi maschi, ma anche le grandi matriarche, determinando spesso situazioni squilibrate capaci, in molti casi, di provocare addirittura pericolosi disturbi comportamentali e altre sofferenze. Ma c'e' di piu'. La ricerca etologica piu' avanzata offre infatti un ritratto dell'elefante africano che puo' porre sottili problemi di ordine etico a chiunque si trovi nella necessita' di intervenire drasticamente con piani eufemisticamente detti di selezione. Nel saggio sopraccitato si trovono alcuni capitoli che fanno il punto sulla struttura del pensiero, sulla cosiddetta telepatia elefantina (la comunicazione con infrasuoni), sulle capacita' di consapevolezza (il riconoscimento da parte del soggetto pensante dei propri atti o affetti), sull'empatia (la capacita' di un essere cosciente di proiettarsi con l'immaginazione nella coscienza di un'altra entita' vivente). E infine, impressionante, sulla capacita' di riconoscere la morte e di mettere in atto, nei confronti di un conspecifico morto, una ritualita' che richiama una sepoltura con frasche. Insomma, non e' solo una parziale sovrapposizione di ruoli in ambito ecologico a porre problemi al nostro rapporto con questo straordinario pachiderma, e' anche il riconoscimento di elevate caratteristiche di ordine etologico. E cio' che e' straordinario e' che, apparentemente, anche l'elefante percepisce un qualche tipo di affinita' intellettiva, forse di simpatia, con la nostra specie. E questo lo si nota specialmente quando un elefante s'imbatte in un cadavere umano. Perche' solo con la nostra specie ricompaiono i rituali dedicati agli elefanti morti. In definitiva c'e' molto da riflettere sull'etologia e l'ecologia dell'elefante africano, perche' i rischi che corre questa specie ci allertano su quelli che corre la nostra. Una volta si parlava di centralita' dell'uomo intendendo il suo predominio sulla natura. Ora, credo, non ha piu' senso ragionare in questi termini. La centralita' dell'uomo, semmai, non puo' oggi che identificarsi con altre parole, come responsabilita' e consapevolezza. Quella che lottare per salvare l'elefante significa farlo anche per salvare noi stessi.*

Mainardi Danilo

Pagina 22
(13 luglio 1997) - Corriere della Sera

domenica 5 dicembre 2010

L’Africa di Kevin Carter


eca950cfe123b63baf2f4059d9958376 LAfrica di Kevin Carter

Probabilmente molti di voi bene questa fotografia, divenuta icona e simbolo del volto dell' devastato da guerre, carestie, malattie¦ famosa ed evocativa quanto quella della giovane Sharbat Gula di Steve McCurry o della ragazzina vietnamita Kim Phuc in da un bombardamento al napalm del suo villaggio, fotografata da Nick Ut, Pulitzer 1972.

Anche questa scattata nel marzo 1993 in Sudan durante la guerra civile dal fotogiornalista sudafricano Kevin Carter vince il Pulitzer nel 1994, ma appena due mesi dopo Kevin Carter muore suicida e un sacco di interrogativi muoiono con lui.

Questa piccola bambina segnata dagli stenti, indifesa, rannicchiata su se stessa, presa di mira da un avvoltoio paziente e implacabile, ha fatto il giro del mondo per la sua forza dirompente e per le critiche mosse al suo , che è stato a lungo immobile a guardare la per scattare la ¦ e qualcuno non ha esitato a paragonare all' avvoltoio.

martedì 9 novembre 2010

Fra' Dolcino nella Divina Commedia


« Or di' a fra Dolcin dunque che s'armi,
tu che forse vedrai lo sole in breve,
s'egli non vuol qui tosto seguitarmi,

sì di vivanda, che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
ch'altrimenti acquistar non sarìa lieve. »


lunedì 8 novembre 2010

FRA DOLCINO

Dolcino e gli Apostolici

LA STORIA IN BREVE

Anno 1300: anno del Giubileo e del perdono universale. Perdono per tutti i malfattori, ma non per Gherardino Segalello, che viene posto al rogo a Parma. La sua colpa? Aver dato vita al movimento dei "Fratelli Apostolici". Nel 1260 circa, l'umile Gherardino aveva chiesto di essere ammesso nel convento dei frati minori (francescani) di Parma. Permesso rifiutato. Allora vende la sua piccola casa ed il suo piccolo orto, getta i soldi così ricavati ai poveri (proprio come aveva fatto San Francesco), ed inizia una vita nuova basata su pochi, essenziali concetti: l'imitazione di Cristo ("seguire nudi il Cristo nudo"), il rifiuto di ogni possesso e accumulazione (quindi la povertà assoluta) e dunque le elemosine in una esistenza itinerante, nella convinzione che solo una tale realtà esistenziale potesse interpretare nel giusto modo il messaggio del Vangelo. E' il rifiuto, messo in pratica, della via adottata dalla chiesa di Roma (possesso, ricchezza, potere).

Cominciano ad affluire seguaci di Gherardino (il quale tuttavia rifiuterà sempre di essere considerato "capo", in omaggio ad una concezione integralmente comunitaria ed antigerarchica), e via via il consenso popolare cresce, tanto che le file degli Apostolici si ingrossano e moltissimi, uomini e donne, aderiscono a questo movimento. Gherardino, nella sua semplicità, è un grande comunicatore: coloro che aderiscono al movimento vengono privati dei vestiti e indossano una tunica bianca (l'unica cosa che possiedono), rifiutano persino, dell'elemosina, il pane superfluo che non può essere consumato immediatamente, egli stesso si presenta sulla pubblica piazza attaccato al seno di una donna come fosse un neonato lattante (a simboleggiare la rinascita dello spirito cristiano in una nuova éra di purezza totale), fa predicare in chiesa persino i bambini. Insomma, il contenuto del messaggio degli Apostolici (che si chiamano anche "minimi" per segnare la differenza con i "minori"-francescani i quali si erano integrati, in fondo tradendo l'insegnamento del loro fondatore Francesco d'Assisi, nei meccanismi potere-ricchezza della chiesa di Roma), e le forme della predicazione ottengono via via un enorme successo e adesione popolare, al punto che la gente abbandona i riti cattolici per affluire in massa alle "prediche" degli Apostolici. Gherardino invia anche diversi Apostolici a portare il proprio messaggio in terre lontane.

Questo enorme successo (riconosciuto dalle più autorevoli fonti storiografiche cattoliche dell'epoca) non può più essere tollerato dalla chiesa romana: il mite Gherardino (pacifista integrale) viene imprigionato, alcuni apostolici vengono messi al rogo, e infine, nel 1300, Gherardino stesso viene arso vivo sulla pubblica piazza, nel nome del Signore.

*

Ma il rogo di Gherardino Segalello, anzichè spegnere il movimento apostolico, per uno di quegli strani "scherzi" della storia, segna invece l'inizio di una vicenda del tutto originale, e di enorme portata, nel medioevo italiano. Tra i molti che erano venuti in Emilia anche da lontano per partecipare al movimento apostolico, vi è Dolcino, nativo di Prato Sesia (Novara). Dopo la morte del fondatore, Dolcino di fatto assume il ruolo di leader del movimento, il cui nucleo "dirigente", sotto la pressione dell'Inquisizione, si sposta nel 1300 dall'Emila al Trentino (vengono chiamati qui ed accolti da loro amici e compagni). La repressione tuttavia li segue anche lì, ove tre apostolici (due uomini e una donna) vengono posti al rogo. Nel 1303/1304 ecco allora Dolcino, con il gruppo degli Apostolici più fedeli (uomini, donne, vecchi e bambini), partire nel lungo viaggio che li porterà, attraverso le montagne lombarde (presso Chiavenna vi è tuttora un paese che si chiama Campodolcino) in Valsesia. La Valsesia è la terra d'origine di Dolcino, qui egli conta amici, ed è naturale che, per salvarsi, egli pensi a questa meta. Tra le donne che fanno parte di questo gruppo vi è la bellissima Margherita di Trento, di nobili origini, compagna di Dolcino.

La Valsesia era, però, da molto tempo in lotta aperta prima contro i grandi feudatari (conti di Biandrate), poi contro i comuni della pianura (Novara e Vercelli). Quando il gruppo degli Apostolici giunge a Gattinara e Serravalle, centri nella parte bassa della valle, e qui ricomincia la propria predicazione per una chiesa ed una società nuove, l'accoglienza popolare è entusiastica. I vescovi di Vercelli e Novara, in accordo con il papa, vedendo come l'avvento degli apostolici fa da catalizzatore per le istanze autonomiste delle popolazioni valsesiane, bandiscono allora una vera e propria crociata per debellare questi "figli del diavolo". Viene reclutato un vero e proprio esercito professionale (anche i balestrieri genovesi, abilissimi nel tiro) per farla finita una volta per tutte. Gli Apostolici, questa volta, uniti ai valsesiani ribelli, decidono di difendersi. Nel 1304 inizia dunque una vera e propria guerra di guerriglia tra un esercito cristiano e cristiani che credono in una chiesa diversa ed alternativa. Si susseguono scontri e battaglie, nelle quali Dolcino dà anche prova di notevole intelligenza militare. I ribelli si spingono in alto nella valle e, sul monte chiamato Parete Calva, che è ideale per la difesa, si installano con l'appoggio dei montanari fondando una vera e propria "comune" eretica, in attesa di quello sbocco finale che Dolcino, uomo colto, teologo e filosofo della storia, ritiene imminente. I crociati assediano la Parete Calva, ove sono asserragliati i ribelli (alcune fonti parlano di 4000 persone, altre di 1.400), e si susseguono scontri sanguinosi. L'inverno, per i rivoltosi, è terribile. Essi vivono in condizioni ormai disperate. Finchè, guidati da Margherita in un difficile passaggio tra metri di neve (ancora oggi quel luogo si chiama "Varco della Monaca"), riescono a devallare portandosi nel Biellese. Qui essi si fortificano sul Monte da allora chiamato Monte dei Ribelli, o Rubello.

Ma i crociati si riorganizzano e procedono ad un nuovo assedio. I ribelli sono allo stremo, e alla fine l'ultimo assalto provoca una carneficina: circa 800 ribelli sono trucidati sul posto, mentre Dolcino, Margherita e Longino Cattaneo (luogotenente di Dolcino) sono catturati vivi. Margherita e Longino verranno posti al rogo in Biella. Margherita rifiuterà di abiurare, respingerà le proposte di matrimonio di alcuni nobili locali, che l'avrebbero salvata dal rogo, e sceglierà di restare fedele al suo ideale e al suo compagno fino in fondo. Dolcino prima dovrà assistere al supplizio della sua donna e poi, a Vercelli, verrà condotto al rogo si di un carro. Durante il tragitto viene torturato con tenaglie ardenti, ma tutti i commentatori sono concordi nell'attribuirgli un coraggio straordinario: non si lamenta mai, ma solo si stringe nelle spalle quando gli viene amputato il naso e trae un sospiro quando viene evirato. Infine, nel 1307, anche per lui la "giustizia" di Dio significa il rogo. Tre anni di resistenza armata nel nome di Cristo si concludono tra quelle fiamme, ma altri dolciniani un po' da ogni parte continueranno ad esistere: si hanno notizie fino al 1374. Di più, Dolcino, Margherita e gli Apostolici diverranno simboli di libertà ed emancipazione fino ai giorni nostri, e la memoria popolare non li dimenticherà. Addirittura nel 1907 (sesto centenario del martirio) vi saranno celebrazioni di enorme rilievo con l'edificazione di un obelisco alto 12 metri proprio sui luoghi della loro ultima resistenza.

*

L'enorme, tragico fascino della vicenda non deve comunque porre in secondo piano i significati storico-teoretici di un movimento che, pur sconfitto, ha testimoniato la validità e la vitalità di una lettura "diversa" delle Sacre Scritture, indicando una via del tutto alternativa per la costruzione di una chiesa e di una società diverse. Per questo la bibliografia dolciniana è enorme, e Dolcino seppe suscitare l'ammirazione anche di Dante (Inferno, canto XXVIII).

Deismo

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William Blake: The Ancient of Days (1794)

Il deismo (dal latino deus) è una filosofia razionalistica della religione sviluppatasi nei secoli XVII e XVIII prima in Gran Bretagna e, successivamente in Francia e in Germania. Esso può essere visto anche come una teologia che ribadendo l'esistenza di Dio la configura in termini differenti da quelli della dottrina cristiana tradizionale. In realtà esso assume anche alcuni elementi del panteismo di Spinoza, ma riconferma l'esternalità di Dio rispetto all'universo.

Il deismo ritiene che l'uso corretto della ragione consenta all'uomo di elaborare una religione naturale e razionale completa ed esauriente, capace di spiegare il mondo e l'uomo. Nelle sue varie forme esso ritiene inessenziale la rivelazione , o ne prescinde, ritenendo che essa sia solo per gli incolti. Il deista fonda quindi la propria teologia non sui testi sacri ma sulla ragione ma assume apriori l'esistenza della divinità, come base indispensabile per spiegare l'ordine, l'armonia e la regolarità nell'universo.

Il concetto alla base del deismo, quello di una divinità eminentemente creatrice, ma anche ordinatrice e razionalizzatrice, è immediatamente utilizzabile, nell'ambito della classificazione tra teoetotomie e religioni ed in ottica etnologica, per identificare questi secondi modelli rispetto alle prime. In una teoetotomia infatti la divinità non esplica solo una funzione creatrice ma anche quella di censore/supervisore etico dell'uomo. Questa modalità di intendere il profilo della divinità è una modalità contingente che si può ritrovare solo su sistemi di culto connessi con modelli sociali di tipo classistico. Il passaggio da modelli deistici a modelli teoetotomistici - corroborato da varie evidenze antropologiche - è stato invocato per spiegare il mito del peccato originale.

Questa trasformazione socio culturale può essere infatti invocata per interpretare il passaggio dalla condizione anteriore alla manducazione del pomo dell'albero - detto per l'appunto della conoscenza del bene e del male - in cui l'uomo, vivendo in contesti deistici non era in grado di sperimentare la condizione di conoscenza di eventuali gesti e scelte da intendere quale opposizione alla volontà della divinità (male) da gesti e atteggiamenti graditi alla stessa (bene). Le forme deistiche, non teoetomistiche, non contemplano infatti alcun concetto di peccato/corruzione/impurità. Questo implica che in esse la sfera etica sia sottratta dall'ambito confessionale, di fede.

L'uomo dunque non può conoscere il bene e il male. È immediata la possibilità di identificare questa valenza nel nome dato all'albero in questione, detto per l'appunto della conoscenza del bene e del male, dall'agiografo. La conoscenza del bene e male, vere e proprie categorie teologiche, è infatti possibile solo in un contesto dove la divinità emani norme e leggi o principi etici a cui l'individuo si deve attenere - pena l'incorrere in sanzioni/condanne.

La concezione deistica, nata in un'epoca fortemente segnata dalle guerre di religione, intende così, mediante il solo uso della ragione, porre fine ai contrasti fra le varie religioni rivelate in nome di quell'univocità della ragione, sentita, in particolare nell'ottica dell'illuminismo, come l'unico elemento in grado di accomunare tutti gli esseri umani.

mercoledì 3 novembre 2010

Poema di Annie Johnston Flint

Cristo non ha mani, ha le nostre mani per fare il Suo lavoro oggi
Cristo non ha piedi, ma i nostri piedi per guidare gli uomini nel cammino
Cristo non ha lingua, ma la nostra lingua per dire agli uomini come Egli è morto
Cristo non ha altro aiuto che il nostro aiuto per portare tutti al suo fianco.
Noi siamo l’unica Bibbia che il mondo indifferente leggerà,
Noi siamo il Vangelo dei peccatori; il credo dei beffeggiatori;
Noi siamo l’ultimo messaggio del Signore,offerto in parola e opere;
Che accadrà se il tasto è storto? Che succederà se la stampa è sbiadita?
Che accadrebbe se le nostre mani fossero occupate in un lavoro diverso dal Suo?
E se i nostri piedi camminassero nella seduzione del peccato?
Che succederebbe se le tue labbra pronunciassero parole che Lui rifiuterebbe?
Come possiamo sperare di aiutarLo o darGli il benvenuto?

martedì 2 novembre 2010

Dio è Dubbio, la Fede che ci regala certezze è superstizione.
Amare Dio è imprescindibile dall'amare se stessi e dall'amare gli altri in quanto questi sono i riflessi fedeli della nostra incoerenza e diversità, quando questa equazione si rompe nasce il fanatismo con tutta la sua eredità di sangue, atrocità e dolori.
Dobbiamo accettare che determinare l'esistenza o meno di Dio non ha nulla a che vedere con l'Amore che Lui ha verso di noi e che noi dobbiamo avere verso di Lui, Dio non è una persona, un Essere od una cosa che esiste o non esiste, Dio è La semplice ragione suprema, Dio è l'Unica banale risposta plausibile, Dio è il Supremo perchè, Dio è il quando ed il dove.
Dio non sta nei libri, non stà nelle chiese e nei templi.
Dio sta dento e fuori le sensazioni e dentro e fuori i sentimenti e per questo, fino a quando esisterà vita o materia, Lui è Onnipotente e Onnipresente.
Lo scorgiamo in un gesto ma lo perdiamo nell'opulenza di una rinascimentale cappella affrescata.
Lo assaporiamo nella salinità di una lacrima e lo perdiamo nelle cifre di una milionaria beneficienza.
Ci sfugge quando lo rincorriamo e ci scova quando lo fuggiamo.

mercoledì 20 ottobre 2010

martedì 19 ottobre 2010

Segnali

Il mare piatto che all’improvviso si increspa

con questa brezza che trasporta il profumo di pioggia.

Il bagliore di fiamme dietro l’orizzonte col

vento che si alza.

Religiosi che non ci incantano

e politici che avviliscono.

Malcontento

La classe media che soffre,

le Università che reclamano

e la mano d’opera che si incazza.

Come una stanza piena di fumi di benzina

Basterà una scintilla

giovedì 14 ottobre 2010

Um grande presente que recebi

Jxxxx Axxxx ha scritto:
"Amigo Guido, tu sabes que eu sempre fui arredio a comemorações de aniversários, mas o tempo me fez pensar diferente. Fazer aniversário é comemorar um dia só seu, é como um ano novo particular de cada um.
É tempo de pensar, mudar, sonhar...
Como não sou bom com a escrita procurei um presente pra ti nos escritos de Gandhi.

Se eu pudesse deixar algum presente à você, deixaria aceso o sentimento de amar a vida dos seres humanos. A consciência de aprender tudo o que foi ensinado pelo tempo a fora. Lembraria os erros que foram cometidos para que não mais se repetissem. A capacidade de escolher novos rumos. Deixaria para você, se pudesse, o respeito aquilo que é indispensável. Além do pão, o trabalho. Além do trabalho, a ação. E, quando tudo mais faltasse, um segredo: o de buscar no interior de si mesmo a resposta e a força para encontrar a saída.
Mahatma Gandhi

Parabéns por esse dia especial, muita alegria, paz e harmonia.
Que todos os seus desejos se realizem."

mercoledì 13 ottobre 2010

Rubata da: M

Traccia dopo traccia

Quante volte ascoltando una canzone, senza motivo, solo perchè ci ricorda qualcosa di meravigliosamente bello, scoppiamo a piangere.
Un secondo fa eravamo così felici ma poi sentiamo o vediamo qualcosa che stimola il nostro subconscio, scoppiamo in lasrime anche senza un motivo.
Delle parole, delle frasi, delle foto possono farti ricordare molte cose come amicizie perdute, ex-fidanzato, una persona cara volata in cielo, qualunque cosa bella o brutta che sia!
Tante volte mi capita di sdraiarmi sul letto mettermi le cuffie, canzone dopo canzone arriva quella traccia che mi ha regalato mille emozioni, quella che mi ricorda il passato, le mie cazzate, le amiche perse e quelle vinte, l'ex fottuto ragazzo che mi ha fatto star male, i genitori che rompono;
ma nonostante le migliaia di cose che mi entrano in testa riesco a vivermi il presente senza nessuna paura.
Quella è la traccia della mia vita!
Mancano una manciata di ore al mio compleanno, come al solito l'aspettativa di rendere questo giorno particolare comincia ad insinuarsi ma come sempre alla fine sarà un banale compleanno come lo sono stati tutti gli altri, non so perchè ma io e le festività non andiamo d'accordo.
L'altro giorno per gioco stavo immaginando la festa perfetta, luogo ,invitati e perchè no regali.
Bè il luogo nel quale mi sarebbe piaciuto festeggiare sta a 10000 km e qualche migliaio di euro di distanza da quà, tra i primi dieci invitati della mia lista almeno 6 sono morti.
Forse la spiegazione è che sono un incurabile malinconico che si aspetta sempre troppo, quindi destinato alla delusione....
Alla lista di regali non ci sono arrivato :)
La sera del 16 me ne andrò allo stadio vediamo se almeno la mia squadra mi fa un bel regalo e vince.

mercoledì 6 ottobre 2010

Eu nao achei nada banal este raciocinio do Paulo Brabo.Muito bem pensado...

05 de Outubro de 2010

A dessacralização do banal

Depositado por Paulo Brabo


Estocado em Sociedade

Dizem-me que o que há de mau nas grandes redes sociais da internet é o esvaziamento da privacidade, a glorificação do instantâneo, a alienação da realidade e a pulverização da atenção que deveria ser dedicada a questões e a gente de carne e osso. A esses costumo lembrar que nenhuma dessas tendências foi gerada pelas redes sociais, e nenhuma é de posse exclusiva delas.

De minha parte, não tenho ilusões de privacidade, como não deveria ter nenhum temerário colonizador da internet. Também não me escandaliza ver exposto publicamente aquilo que se convencionou chamar de “pessoal” – já que tudo que houver digno de ser apreciado, de qualquer autor e em qualquer meio, será invariavelmente de natureza confessional.

O que me incomoda em abominações como o twitter e infelicidades como o orkut não é a glorificação da banalidade, mas precisamente o oposto: a dessacralização do banal.

Há algo de sagrado no banal, em se contar como foi a noite de sono e observar que alguma coisa não desceu bem no café da manhã. Sou antiquado o bastante para crer que o banal pertence a esse âmbito sagrado e interdito, e que dividi-lo com todos (ou seja, com ninguém) equivale a despi-lo de sua precária beleza. É coisa justa e boa que o conferencista apresente as convicções do seu coração, aquilo que toma por absolutamente vital e verdadeiro, diante de uma multidão cambiante e anônima; já a pequena confissão, a dor nas costas, o preço do remédio e o desconforto com os sapatos, justamente por sua sacra banalidade, devem permanecer reservados para algum círculo mais interno – o cônjuge, o amigo, os filhos, o ascensorista. O estadista deve reclamar da vida com o porteiro e o açougueiro que nunca ri deve brincar com o filho diante do besouro vira-bosta, mas essas são liturgias a serem desempenhadas em pequeno, no um a um. Esse recato não se destina, bem entendido, a preservar imaculada alguma imagem ilusória, mas precisamente o contrário: porque só se escapa da ilusão da máscara pública (e na internet somos todos figuras públicas) mantendo sagrado e interdito o diminuto círculo de controle da vida real, em que o que existe somos só nós mesmos, o outro e as pequenas coisas.

Releio esta nota e me ocorre o inevitável: que se trata de reflexão tão banal que deveria ter ficado só para mim.

lunedì 4 ottobre 2010

Sarà l'autunno, saranno alcune foto scovate in internet sta di fatto che ho un peso nel cuore.
Non riesco a rassegnarmi a questa narcosi dell'anima.Mi sembra che la nostra società sia fatta di individui che difficilmente riescono a sentirsi parte di un qualcosa più grande, è come se fossimo tutti mattoni di uno stesso edificio ma senza un cemento che ci unisca e che ci renda davvero consapevoli di essere,tutti assieme,qualcosa di grandioso.
Forse esiste davvero un Dio che ci significa che ci rende giustificabili o forse siamo solo la possibilità pazza di una scommessa genetica che per caso ha funzionato.
In giornate come questa mi sembra di percepire l'umanità come il cancro che ucciderà il nostro Pianetà che sta quasi in fase terminale.Le città come metastasi, gli individui come cellule maligne che anelano a trovare tessuto da colonizzare.
Chissà se avremo almeno, dico.... almeno, la capacità di elevarci da cancro a parassiti in grado di convivere con l 'organismo infettato o invece il nostro egoista istinto più forte di ogni logica interigenza avrà la meglio su questo Pianeta nel nome di un becero muoia Sansone con tutti i Filistei.

domenica 3 ottobre 2010

Paradiso&Inferno

Un sant'uomo ebbe un giorno da conversare con Dio e gli chiese :
Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l'Inferno.
Dio condusse il sant'uomo verso due porte.
Ne aprì una e gli permise di guardare all'interno.
C'era una grandissima tavola rotonda.
Al centro della tavola si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso.
Il sant'uomo sentì l'acquolina in bocca.
Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall'aspetto livido e malato.
Avevano tutti l'aria affamata.
Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia.
Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po', ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio non potevano accostare il cibo alla bocca.
Il sant'uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze.


Dio disse: "Hai appena visto l'Inferno".


Dio e l'uomo si diressero verso la seconda porta.


Dio l'apri'.


La scena che l'uomo vide era identica alla precedente.
C'era la grande tavola rotonda, il recipiente che gli fece venire l'acquolina.
Le persone intorno alla tavola avevano anch'esse i cucchiai dai lunghi manici.
Questa volta, però erano ben nutrite, felici e conversavano tra di loro sorridendo.
Il sant'uomo disse a Dio:
Non capisco!
//....continua//

P.S
In realtà il racconto continua e c' è anche la spiegazione che Dio da al sant'uomo, ma io credo che sia facilmente deducibile.
Questo racconto attribuito al Mahatma Gandhi l ho scippato dal blog di Albatros,cliccando sul titolo vi ci potete recare e dare una sbirciatina anche al sito che è interessante, li inoltre potete trovare la spiegazione di Dio ed una piccola aggiunta.

guido

sabato 2 ottobre 2010

ansiaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa

giovedì 30 settembre 2010

Insicurezza
Ego (Io)
Proprietà
Danaro
Superfluo

O

Sicurezza
Gli Altri
Utilizzo
Reciprocità
Necessario

mercoledì 29 settembre 2010

Una mattina andando al lavoro

Ele?
Oh Ele! Ele mandou um trem para nos balançar

Dois banquinhos para sentar

Um raio de sol nos olhos para fechar los

Uma linda musica para despertar os sentimentos

A minha mulher apoiada em mim me segurando as manos.

E naquele instante eu era tremendamente feliz

______________________________________________________


Lui ?

Ah Lui! mandò un treno per cullarci

Due poltrone per abbracciarci

Un raggio di sole diritto negli occhi per farceli socchiudere.

Una musica cosi bella da accenderci i sentimenti.

Mia moglie col capo appoggiato sulle mie ginocchia mi teneva le mani.

Ed io, si proprio io in quel' istante ero... tremendamente felice.


guido

martedì 28 settembre 2010

Continuando a sparare cazzate a briglia sciolte

Seduto su di una panchina osservavo un cane mordere un pezzo di legno, più esattamente una parte di ramo, mentre sdraiato la teneva tra le zampe posteriori e tentava distruggerlo gli si è avvicinato un altro cane , il basso ringhio e i denti in bella mostra segnalavano senza ombra di dubbio quale era il propietario di quel legno. Dopo qualche minuto distratto dal fischio del padrone il cane si alzava abbandonandolo, pochi istanti e il secondo cane se ne impadroniva senza che il primo se ne importasse più di tanto.

Una bellissima casa in una zona di campagna vicino una grande e importante città, la casa pian pianino si sta rovinando, i topi ci scorazzano le finestre cascano a pezzi, polvere ed umidità rendono impossibile il soggiornarvi, eppure la grande preoccupazione dei proprietari che non intendono abitarla, venderla o affittarla è che qualcuno la possa invadere.

Strana cosa la proprietà, ha bisogno di poter essere provata, documentata, archiviata, ci dona tranquillità e preoccupazioni, va difesa ad ogni costo, consideriamo giusto ammazzare per difenderla; nella nostra Società tutto si basa sulla proprietà, mio, mia, tuo, tua e cosi via.
Le persone sono proprietà, mio marito, mia moglie, i miei figli e cosi via chissà forse quella mela appesa ad un albero nell'Eden che abbiamo sempre considerato fosse una metafora del sesso in realtà potrebbe essere quella parolina che i bambini imparano poco tempo dopo aver imparato a dire Mamma..Papà..bua e acqua.. il famoso E' MIOOOO!!!

lunedì 27 settembre 2010

Mi accorgo che il Lunedi nutro una certa antipatia verso Dio, e se avete solo un po di pazienza tento spiegarvi il perchè.
Dio è Onnipotente, quindi nulla per Lui dovrebbe essere impossibile allora mi domando ma perchè mai non Ha creato tutto il Lunedi e riposato il Martedi???? Avremmo una bella settimana fatta da due giorni soli, uno lavoravamo e l'atro riposavamo!! Non mi sembra giusto che per la Sua pigrizia e la Sua lentezza o magari semplice distrazione noi tutti dobbiamo prendercela in saccoccia la vita intera!!!

giovedì 23 settembre 2010

Sparando cazzate a briglia sciolte.....

Ci troviamo spesso di fronte o in mezzo agli altri, li osserviamo, consideriamo e giudichiamo.
Quasi sempre ci scordiamo che la stessa cosa viene fatta dagli altri con noi stessi.
Io spessissimo mi sorprendo quando ho la possibilità di verificare quale sia il giudizio che gli altri hanno di me o delle mie azioni. Tra questi giudizi almeno due su tre sono positivi ed analizzandoli mi sconvolgo nel constatare che alcuni hanno un immagine della mia persona talmente positiva che riescono ad interpretare una mia vigliaccata come :"semplice e ucida strategia l'unica via d'uscita possibile...!!???", una bugia come :" sensibilità e tatto" e degli atti di egoismo come :" è il troppo affetto...lo vedi quanto ti ama?"

Insomma quando stabiliamo che qualcuno è buono o cattivo , ogni atto o parola che questa compie tendiamo a interpretarla e a forzarla tanto da renderla compatibile con l'immagine pre constituita che ci siamo fatti di quella persona , un consiglio da parte di chi consideriamo "cattivo" la consideriamo una battuta acida, lo stesso identico consiglio ma dato da qualcuno che consideriamo "buono" potrà tranquillamente essere giudicato come un sincero aiuto per il nostro bene.

Del resto quando leggiamo un libro di uno scrittore del quale conosciamo tutto o l'opera di un famoso pittore, il nostro giudizio sempre ne sara influenzato.
Mi chiedo se tutto questo sia perfettamente giusto o se invece in nome di questa consuetudine, che si spesso ben funziona , non commettiamo numerose ingiustizie.

Quando ascolto o leggo sermoni o semplici interpretazioni di brani della Bibbia o del Vangelo, mi stupisco della capacità delle persone di analizzare , sezionare cosi a fondo alcune parti o addirittura semplici periodi tanto da coglierci significati sorprendenti, i dettagli diventano i protagonisti, i paradossi determinanti insomma ci si puo leggere tutto e il contrario di tutto.
L'incoerenza diventa rivoluzionaria e disarmante, l'ira implacabile diventa giustizia divina, l'atroce e terribile tortura una prova di fede e cosi via.
Forse hanno piu ragione gli orientali che procurano il Divino attraverso la contemplazione e la meditazione e nell accettazione totale dell esistenza di misteri insolubili.

mercoledì 22 settembre 2010

« Beat è il viaggio dantesco, il beat è Cristo, il beat è Ivan, il beat è qualunque uomo, qualunque uomo che rompa il sentiero stabilito per seguire il sentiero destinato »
Gregory Corso
Rinnegato
Stamani mi sono rinnegato per l 'ennesima volta, mi sono umiliato davanti a me stesso.
Ho bisogno di nuovi mulini a vento da poter caricare a briglia sciolte, ho bisogno di tornare ad essere responsabile solo di me stesso, staccarmi tutti questi alibi che la vita mi ha cucito addosso.
Libero di andare contro corrente, orgoglioso di me, fiero di come sono.
Oggi sto qua e mi faccio schifo,vigliacco senza onore, giustificato e scusato proprio da chi non ho difeso.

Mattina pessimista

L'uomo non puo esser più importante degli altri esseri viventi e nessun uomo puo essere piu importante di un altro uomo. Solo ragionando cosi si puo ambire a concepire un mondo non egoistico.
Ogni religione, filosofia e ideale politico che parte con qualunque tipo di scala gerarchica di importanza non potrà che generare sistemi ingiusti e nocivi.

Apriamo un giornale e qualcuno dice: salviamo i cani abbandonati! sempre apparirà un altro che dirà si salviamo anche i cani abbandonati ma prima preoccupiamoci con i bambini che muoiono di fame. Poi apparirà qualcuno che dirà : preoccupiamoci con i bambini che muoiono di fame in Africa, e qualcuno risponderà si salviamo i bambini Africani! ma prima preoccupiamoci con i bambini che muiono di fame nelle nostre periferie. Apparira qualcuno che dirà preoccupiamoci dei bambini che muoiono di fame nelle nostre periferie, e ci sara qualcuno che dirà si giusto preoccuparsi con la fame dei bambini nelle nostre periferie ma nostro figlio? dobbiamo prima preoccuparci con il suo futuro e i suoi bisogni!
Insomma esisterà sempre una scala gerarchica di importanza dove in un modo o nell'altro riusciremo a collocare il nostro interesse personale sempre un tanto al di sopra di quello dell'altro.
L'egoismo puo arrivare a giustificare qualunque azione e qualunque immobilismo.
Guerre, razzismo, xenofobia,omofobia tutto nasce e viene giustificato con motivazioni egoistiche.

venerdì 17 settembre 2010

O Comandante (Ricardo Gondim)

O Comandante
Ricardo Gondim

“Existo para quê?”. A pergunta repicava em sua mente como um sino de catedral ao meio dia. Enquanto Roberto caminhava pelo hangar, tapava os ouvidos. Tentava abafar o barulho de uma turbina em teste; o exagero nos decibéis poderia dar enxaqueca. Era a turbina de seu Boeing que rodava sobre tripés. Depois de cumpridas as oito mil horas de vôo, todo avião precisa de uma manutenção meticulosa. Desmontaram toda a fuselagem para que cada rebite, cada milímetro de cabo e cada luz fossem revisados.

Roberto notou que já haviam retirado as asas e o avião, magro, se resumia a uma grade; mostrava suas costelas como uma baleia retalhada. Parou, seus olhos pesaram e se sentiu amputado. Como era triste ver um avião daquele jeito. Roberto amava voar, sentia-se onipotente quando puxava o manche e fazia decolar aquela imensa máquina. Mas seu Boeing jazia esquartejado com milhares de operários, feito vermes, remexendo suas entranhas. Arrepiou-se. Correu-lhe um frio quando pensou no dia que também só lhe restaria a carcaça.

“Existo para quê?”. Essa pergunta repetia-se estridente como uma música alucinada mais forte que a própria turbina. Sua angustia tomou conta de sua alma enquanto permanecia imóvel no fundo do hangar. Depois que perdera o encanto por Londres, Paris, Hong Kong e Bruxelas, e depois de se cansar com os corredores mal iluminados dos hotéis de luxo, saber para que existia tornou-se uma obsessão.

Mas agora, cansava só de imaginar a bateria de exames médicos e psicológicos que precisaria se submeter em minutos. À semelhança do avião retalhado, ele também seria dividido em minúsculas porções. O oftalmologista o analisaria; os raios x o revelariam de dentro para fora; encabulado, entregaria seu sangue, urina e fezes nas mãos de uma assistente. E ainda havia aqueles malditos testes psicotécnicos. Roberto não só teria que provar para estranhos que estava bem dos rins ao nariz, dos olhos aos pulmões, como também mostrar que ainda não enlouquecera, e que sua agilidade mental estava preservada depois de tantos anos de profissão.

Roberto seguiu até o setor médico no prédio, anexo ao hangar e apresentou-se à recepcionista. Ouviu um pedido educado:

-Comandante Roberto Miranda, o senhor poderia sentar-se e esperar apenas alguns minutos? Dr. Azevedo logo o atenderá.

Roberto obedeceu e pegou a revista de bordo "Mundo Alado". Mal folheou as primeiras páginas e ouviu a voz familiar do médico. Conhecia-o do clube e de outros exames. Já se submetera àquela mesma rotina três vezes nos últimos quinze anos.

-Comandante, seja bem-vindo, vamos entrar.

Os dois se cumprimentaram com um abraço displicente e rapidamente passaram ao consultório.

Roberto notou que os cabelos do médico alvejavam e pensou:

-Nem notei que os meus próprios também estão mais alvos que as neves nova-iorquinas, brincou num solilóquio.

Dr. Azevedo se antecipou e antes de falarem sobre a bateria de exames, comentou sobre o futuro da companhia, atolada em dívidas.

-Comandante, a situação está preta. Eu soube que vão despedir oitenta por cento dos pilotos e noventa por cento dos tripulantes; já fecharam as lojas, vão acabar com quase todo serviço de bordo. Azevedo falava como se estivesse escondendo algum segredo da recepcionista do outro lado da parede.

Roberto quase não respondia. Suas reações se resumiam a monossílabos incompreensíveis. O comandante mantinha um desânimo no rosto enquanto Azevedo tagarelava sobre seus direitos e sobre o Fundo de Compensação das Aposentadorias.

Roberto divagava como se sonhasse acordado. Passeava pelo campo de pouso do Aeroclube de sua cidade. Viu-se menino, olhando para os pequenos e frágeis monomotores, os queridos “Paulistinhas”. Quantas vezes, antes mesmo de completar dez anos de idade, correu atrás deles com um cata-vento na mão, que parecia girar mais rápido que a própria hélice quando rugia e provocava ventanias.

Roberto morara a pouco mais de cem metros do Aeroclube e enquanto outros meninos chutavam bola; e depois começaram a namorar, ele se sentava numa pequena oficina onde o Zeca reparava os pequenos motores.

O dia mais feliz de sua vida aconteceu quando o instrutor Felipe Caran precisava fazer um vôo teste e lhe convidou para ser o passageiro do banco traseiro do paulistinha. Foi o seu vôo inaugural. Quantas vezes sentiu a mesma felicidade quando afivelou o cinto e viu o mundo se apequenar pela janela dos gigantescos jatos que pilotou.

Naquele primeiro vôo, depois que atingiu mil pés de altura e Felipe Caran estabilizou o monomotor em velocidade cruzeiro, passou a explicar para o menino como funcionava o altímetro, a função dos flaps, o rádio de comunicação com a torre e outros detalhes. Permitiu, inclusive, que Roberto segurasse o manche. Com dois minutos o avião lhe obedecia. Sua vida nunca mais foi a mesma. A janela do monomotor estava aberta, o vento fez escorrer dois fiapos de lágrimas até a orelha. Estava irrigada uma decisão: seria um piloto.

Ele sempre pareceu uma criança melancólica, embora os olhos castanhos lhe denunciassem como um forte; impressionava com o porte. Seus cabelos grossos e castanhos formavam franjas teimosas que pendiam sobre a testa. Por toda infância, seu mundo se resumiu à escola, ao hangar do Zeca e às muitas palestras sobre aviação que assistiu escondido no curso de preparação para os candidatos a brevê.

Aos dezenove anos, Roberto já estava brevetado, com direito a fotografia nos arquivos do Departamento de Aviação Civil como habilitado para voar por instrumento. Como nesse tempo as companhias aéreas expandiam,, não demorou para ser contratado como co-piloto de um turbo hélice. Em pouquíssimo tempo, depois de alguns cursos com muito, muito estudo, ele se tornou o mais jovem comandante de Boeing de toda a história da aviação.

Acumulou milhares de horas de vôo sem nunca correr perigo. Jamais precisou requisitar suporte de terra para procedimento de emergência. Sempre cioso com as check lists, não permitia que seu avião saísse do terminal caso suspeitasse qualquer anomalia. Por isso, ganhou vários prêmios. Seu nome foi citado em todas as revistas especializadas como um profissional modelo.

Roberto pilotou as rotas internacionais de sua companhia aérea; conhecia os aeroportos de quase todo mundo.

Acostumado às rotinas, logo passou a se chatear quando era convocado para voar no Natal e Reveillon; ele não agüentava mais as servidas a bordo. Já não dormia com facilidade nas camas dos hotéis. Aqueles dias de Aeroclube amarelava como uma fotografia velha.

Sentado no consultório, Roberto percebeu o tamanho de sua fatiga. Fracassara em um casamento; não viu seus dois filhos se tornarem homens; não foi à maternidade ver seus dois netos. Não temia submeter-se à bateria de exames rotineiros. Contudo, apavorava-se de se conseguir passar no mais difícil exame: aquele que o homem faz com a sua própria alma.

Azevedo tagarelava sobre o sindicato, a Fundação, a greve já organizada e Roberto contemplava um horizonte inexistente. Parecia um cego que, sem movimentar os olhos, parece ver o nada.

-E aí comandante Roberto, o que o senhor pensa que vai acontecer?
Como se acordasse, Roberto respondeu:
-Qual futuro? Como poderemos viajar para longe do presente, se ele é tudo? Por que querer escapar do presente se nosso destino se acorrenta a ele?

Olhou para Azevedo e falou como se comunicasse pelo rádio com alguma torre de controle.
-Veja minha vida, ela ficou para trás como uma nuvem que o avião rasga. Azevedo nosso presente é como a terra que a gente vê de cima de um avião. Voamos a quase mil quilômetros por hora, mas o cenário muda com uma lentidão irritante. Nossa vida não pode esperar. Nosso destino não se esconde por detrás de uma montanha qualquer. Nosso futuro não vem em nossa direção, nós é que vamos ao encontro dele. Não podemos nos condenar a esperar, esperar. Nossa vida acontece aqui e agora, ela é o que vivemos e fazemos para sermos felizes.

Azevedo assustou-se com a mudança brusca do comandante, outrora plácido, em um pensador tão loquaz.

-O senhor anda lendo muita filosofia.
Com um olhar que parecia um dardo inflamado, Roberto continuou:
-Não, não estou lendo nada em especial. Apenas não aceito esperar pelo meu destino. Quero pilotar a nave mais importante que existe: eu mesmo.
Azevedo baixou a cabeça e esperou que terminasse.
-Não há planos de vôos para a vida, Azevedo. Não há rotas predeterminadas. Na vida navegamos por caminhos nunca explorados e eu estou cansado de submeter os meus planos de vôo. Não quero ninguém aprovando para onde devo ir, entende?.

Azevedo não entendeu, mas balançou a cabeça dando entender que sim. Roberto iluminava seu semblante a cada palavra.

-Azevedo, desde que sou criança nunca me faltou nada. Não me faltou dinheiro, nem saúde, nem coragem. Faltou-me apenas viver. Voei alto, mas minha dedicação profissional e meu zelo pela segurança de meus passageiros, eram fugas. Escondi-me na oficina do seu Zeca porque me faltava coragem de enfrentar o perigo de ser rejeitado pelas meninas que queria namorar; quis alcançar o céu porque tinha medo de pisar a terra. Desejei as alturas para ser livre, porém não fiz o que queria; obedeci mil manuais e milhões de regras.

Roberto colocou-se em pé, o médico o olhava de baixo para cima, amedrontado:

-Azevedo, ser livre é conquistar o direito de construir, de sulcar nossa própria história; não deixar que outros se sentem na cadeira do comandante com o manche na mão. Veja você, seu mundo se resume a esse consultório, suas maiores aspirações estão nas mãos alheias, seu futuro depende de uma reunião de diretoria. Você está passando velozmente e o seu cenário se arrasta em câmara lenta.

Azevedo sentiu-se agredido e resolveu contra-atacar.

-Comandante, eu amo a medicina, amo o que faço, tenho muitos motivos para ser feliz. Acho que o senhor tentou projetar em mim sua própria crise. Se luto por uma questão salarial é porque sou solidário às famílias que dependem da saúde dessa empresa. Minhas reivindicações não significam que seja um frustrado”. Azevedo parou, esperando que o assunto esfriasse para começar com os exames de rotina.

A turbina em teste no hangar silenciou. A sala se encheu de uma quietude incômoda.

-Vamos começar?
Pediu o médico.

Roberto mais uma vez se esqueceu do mundo; tinha o olhar das crianças quando brincam com pensamentos que não são pensamentos. Desligado, parecia ouvir alguém lhe falando ao longe. Chegou a franzir a testa como se esperasse a próxima mensagem e voltou à carga:

-Azevedo, eu gosto do céu; já me acostumei com o azul da estratosfera; não há nada mais lindo que enfrentar os astros e navegar rumo às galáxias. Você não imagina quantas estrelas cadentes já vi em noites sem lua. Contudo, o alumínio das fuselagens, as rotinas dos manuais e o ambiente intragável das salas de imigrações estão me matando.

Ainda em pé e segurando o encosto da cadeira à sua frente, disse:

-Quero deixar de ser o Comandante Roberto e opto pelo simples Roberto que ama a liberdade e adora o espaço. A partir de hoje vou determinar a minha própria história; isso devo a mim mesmo.

Azevedo sentiu que não adiantaria continuar replicando o comandante:

-Então, tá. Deixe eu tirar sua pressão arterial.

Roberto demorou uma fração de segundos para reagir, de cabeça baixa, parecia consultar uma check list pendurada sobre o peito.

-Não, hoje não.
Apertou a mão do médico, deu as costas e saiu com um breve e seco até logo. Desceu pelas escadas, passou pelo esqueleto do Boeing e sumiu.

A última notícia que se soube do Roberto é que ele havia participado de uma expedição de ornitólogos pelo interior da Amazônia.

Soli Deo Gloria.

venerdì 10 settembre 2010

Una delle cose piu belle che ho mai letto

A invenção da gentileza

Com a devida permissão de Paulo Brabo


Estocado em Manuscritos

Nisso, tomando-o pela mão direita, o levantou; imediatamente os seus pés e artelhos se firmaram e, dando um salto, pôs-se em pé. Começou a andar e entrou com eles no templo, andando, saltando e louvando a Deus. Todo o povo, ao vê-lo andar e louvar a Deus, reconhecia-o como o mesmo que estivera sentado a pedir esmola à Porta Formosa do templo; e todos ficaram cheios de pasmo e assombro pelo que lhe acontecera. Apegando-se o homem a Pedro e João, todo o povo correu atônito para junto deles, ao pórtico chamado de Salomão.

A disciplina da inclusão envolve mais do que um lançamento contábil; envolve mais do que fazer com que o que era contado como de fora passe a ser contado como de dentro. Em cada caso, cada vez que uma pessoa se dispõe a abraçar incondicionalmente uma outra, há um verdadeiro trajeto a ser vencido: um percurso a ser primeiro encontrado e depois percorrido. Ser salvo é ser salvo das distâncias, e arrepender-se é passar a agir deliberadamente de modo a transpô-las.

Vencer em regime definitivo a distância entre eu e o outro é o sentido da cruz e da salvação. É também, ao que tudo indica, a chave do reino de Deus.

Neste caso exemplar, um homem curva-se para estender a mão, e outro homem ergue-se firmando pela primeira vez sobre os próprios pés. No momento seguinte são iguais, olhando-se formidavelmente no mesmo nível. Encontraram-se lá em cima, e o mundo ganhou mais um cavaleiro andante.

Os antigos mestres da humanidade não desconheciam o autoconhecimento e o altruísmo, e os melhores entre eles não se limitavam a recomendá-los com palavras; porém foram necessários primeiro Jesus, depois a sua ausência, para introduzir os rigores da gentileza nas corredeiras do mundo dos homens.

O amor, como inventado ou apresentado por Jesus, não é apenas severo, absolutamente inflexível em sua disposição de favorecer e de integrar; é também consistentemente gentil – embaraçosamente gentil. De fato, sua severidade fica demonstrada no caráter inabalável de seu cavalheirismo.

Há algo de inerentemente ridículo no cavalheirismo, e é sem dúvida preciso ser um homem um pouco ridículo para ensinar – de fato ensinar – abraçando crianças, defendendo donzelas em perigo e lavando os pés de seus subordinados. A inclusão irrestrita e a defesa dos mais fracos nos parecerá invariavelmente embaraçosa, e os homens se mostrarão sempre mais prontos a abraçar o sacrifício do que o ridículo. Estamos prontos a pagar pelo heroísmo, mas menos dispostos a cobrir os custos da gentileza, porque a gentileza é a ultrajante manifestação de um amor resolutamente cavalheiresco – aquela estirpe peculiar de amor a que o Novo Testamento dá o nome de graça.

Muito declaradamente, não queremos ter nada a ver com a graça, que é por definição uma espécie voluntária de beleza. A graça é para deuses e dançarinos – isto é, é para homens, e sempre que possível preferimos nos manter abaixo desse patamar.

Porém Jesus, que tinha o sonho de semear homens de modo a colher o reino de Deus, não se contentava em exigir e oferecer menos do que o amor exuberantemente cavalheiresco – isto é, arbitrário, incondicional, anárquico, todo-inclusivo.

A gentileza, será preciso repetir, não é menos severa do que o amor. Não é uma manifestação de polidez ou de civilidade mascarada como tolerância. Não tem nenhuma relação com aquilo que costumamos chamar de “boa educação”, e que se destina a permitir a convivência ao mesmo tempo em que perpetua e valida a distância entre as pessoas. Ao contrário, a verdadeira gentileza é selvagem em sua obsessão de incluir, e saberá mostrar-se pouco gentil para com os que sonegam a graça e patrocinam a exclusão. A gentileza não ignora que é uma modalidade de anarquia e de revolução; não ignora que o seu próprio regime de violações (“Eu não condeno você”, Jesus ousou dizer à mulher adúltera, nisso transgredindo pelo menos tanto quanto ela) exige uma completa revisão dos critérios dos homens. O único mundo que a gentileza é capaz de conceber, e nisso insistirá até a morte voluntária, é um mundo em que todos se conformem a ela mesma.

Pedro e João, num único gesto, trazem para junto de si um homem que todos tomavam por definitivamente excluído dos canais aceitáveis da sociedade. E, trazendo-o para junto de si, trazem-no imediatamente para dentro – aqui está ele nos átrios do templo, saltando como um bailarino imbuído de uma nova graça, uma beleza inconcebível que transtorna todos que são submetidos a ela. O que estivera sentado à porta pedindo esmolas está agora dançando aqui dentro; o excluído a que todos negavam a graça agora a derrama com mais gosto do que todos que assistem.

Essa transgressão da gentileza é terrível demais para ser contemplada sem horror. Um universo que pode assim facilmente ser transtornado pelo amor e pela inclusão, um mundo assombrado dessa forma pela graça, é um mundo em que os homens terão de abrir mão de todas as suas seguranças. Diante dessa possibilidade, todos são tomados de terror e de perplexidade.

É aqui, diante desta glória, que devemos decidir não discutir o cessacionismo, a doutrina de que os milagres da era apostólica deixaram (ou não) de acontecer nos nossos dias. Porque aqui está absolutamente declarado, escancarado além de qualquer dúvida, que a inclusão não foi resultado do milagre; a inclusão foi em si mesma o milagre – “e reconheceram-no como o mesmo que estivera sentado à porta do templo”.

Todos os milagres de Jesus e dos apóstolos devem ser entendidos retroativamente a partir dessa chave de compreensão. Jesus, que recusou-se diante da tentação a produzir sinais que tornassem evidentes o seu poder e a glória da sua vocação, não recusou-se a cuspir na terra para fazer lama e a tocar a pele crestada de um leproso a fim de fazer brotar a inclusão. Em termos estritos, os milagres de Jesus não são manifestações de poder: são instâncias de inclusão. Conhecendo a glória da nossa vocação, Jesus foi capaz de dizer sem exagero que seus discípulos fariam “sinais maiores do que esses” – porque nosso chamado é o de implantar um mundo inclusivo que Jesus em seus milagres apenas sugeriu.

Deve ficar portanto entendido que milagres só acontecem quando o amor é colocado em prática, e que milagres são o amor colocado em prática. A gentileza é por excelência a manifestação do poder de Deus, e é também o único verdadeiro sinal que Jesus dignou-se a apresentar.

Basta ao discípulo ser como o mestre: o sinal divino e o divino selo são a inclusão do outro, pelo que os milagres só cessam de acontecer quando deixamos de incluir. O cessacionismo depende, para ser válido, da nossa omissão. Arrepender-se é mudar o mundo, e pecar é omitir-se.

Mas neste ponto o homem agraciado para de repente de cantar e de saltar e corre para se abrigar entre seus amigos. Ele entendeu que não está mais sozinho e que nisso consiste a dádiva que recebeu, e compreende ao mesmo tempo que nada há de mais sério do que ganhar um presente.

mercoledì 8 settembre 2010

Poesie di Mamma


VENEZIA

Uomini vanno

e barche sul canale.

È notte

E giungono richiamo

Al mondo che si tace.

Io vivo qui,

In mezzo a questa gente

ch'altra lingua mi parla

E d'altro ride.

Forse che solitudine

é rimpianto,

Piú non ricordo

che volli e che cercavo.

E non so piú perché..

Le due finestre

Era una bella giornata di inizio autunno, nemmeno una nuvola a macchiare la perfezione della volta celeste, la vecchia radio a valvole seminava armonicamente le sue note, dopo aver aperto la prima finestra Nonna Maria si fermò un istante a contemplare il limpido e compatto azzurro del cielo, l’aria fresca le accarezzò il viso facendola sentire viva, tra poco sarebbero arrivati i suoi nipotini! con un sorriso di soddisfazione andò ad aprire la seconda finestra, che stava dall'altra parte della piccola sala, un occhiata rapida alla vecchia pendola per rassicurarsi sull'ora e mentre l’odore del caffè che stava preparando le riempiva le narici, passò controllando con occhio attento che sulla tavola imbandita non mancasse nulla: la caraffa con il latte, il pane ancora caldo, il burro leggermente salato, il formaggio dolce, Il ciambellone all'arancio, i biscotti di Mais ,le fettine di salame tagliate sottili, e le marmellate che lei stessa aveva preparato alla fine dell'estate scorsa, tutta apprensiva e soddisfatta approvo quella vista e arrivata davanti alla seconda finestra cominciò a trafficare con la vecchia e logora maniglia pensando tra se e se che questa vecchia casa di legno avrebbe avuto veramente bisogno...urgente bisogno! di una bella ristrutturazione, le pareti erano ormai completamente screpolate e da ridipingere, il tetto faceva acqua in più punti e doveva essere completamente rifatto, per non parlare del vecchio pavimento in legno al quale si sarebbero dovute sostituire numerose tavole per poi scartavetrarlo e ridipingerlo, le finestre , le porte e tutte le ferramenterie erano da buttare per non parlare degli impianti elettrico e idraulico…

Purtroppo i soldi, come sempre e da sempre mancavano ma nonostante questi dettagli lei amava tantissimo la sua casa, ogni angolo ogni centimetro cosi come ogni crepa o difetto le ricordavano qualcosa di importante, molti ricordi belli ma ve ne erano anche di meno belli, insomma la sua casa era la memoria scolpita della sua vita. Li era andata a vivere appena sposata, li aveva partorito tutti i suoi cinque figli e sempre li, li aveva amati e cresciuti , tra quelle pareti aveva accudito il marito morente e sapeva che sarebbe stata li anche quando sarebbe giunto il momento di morire lei stessa . Nonna Maria aveva il terrore di morire sola in un letto di ospedale, il suo trapasso lo sognava sotto quel tetto sgangherato stesa nel suo letto con intorno tutte le persone care a farle compagnia.

Finalmente riuscì a vincere la sua piccola quotidiana battaglia con la maniglia e apri la seconda finestra, il viso le se illumino nel accarezzare con lo sguardo tutta soddisfatta la stupenda casa che le stava di fronte appena al di la della strada e della sua verde e piena di fiori siepe . Era una casa a due piani in stile coloniale piena di ricche decorazioni in gesso con i muri color celeste chiaro ed i dettagli di un bianco candido cosi come bianche erano le finestre, il giardino che la circondava era rigoglioso e ben curato, piante e fiori sembravano stati messe li dalla propria mano del Signore, notò con allegria l'incerto battere di ali di una farfalla che si stava per appoggiare su di un delicato fiore. Da sempre la vista di quella bella casa le aveva donato gioia e serenità e l'amava come fosse una parte integrante della sua stessa casa.

Nello stesso istante dall'altra parte della strada....

L'Iphone di ultimissima generazione adagiato nella docking station della B&W si accese all'ora esatta per la quale era stato impostato e la musica metallica cominciò a diffondersi nell' lussuoso ambiente circostante. Che giornata di merda penso tra se e se la Dottoressa Tiziana Luzzi , il tappezziere le aveva telefonato la sera prima avvisandola che avrebbe ritardato un po.

Tiziana non riusciva proprio ad essere soddisfatta delle nuove tende che aveva cambiato per la terza volta negli ultimi sette mesi e dire che le aveva pagate una fortuna, ma d'altronde dopo che aveva risolto comprare un nuovo salotto le tonalità delle tende sembravano non essere perfettamente in sintonia con i cuoi color panna dei suoi nuovi e costosissimi divani Inglesi.

Accese il televisore Led da 60 Pollici che si era fatta installare davanti al letto proprio dello stesso modello e nello stesso identico modo che aveva visto in una foto apparsa sul settimanale Panorama foto che mostrava la camera da letto di una famosissima star televisiva, pigramente comincio a recarsi verso il bagno della sua suite, la visone della stupenda Jacuzzi l annoiò e preferì entrare nella funzionale doccia che stava appena accanto a quella piccola e tecnologica piscina, azionò il miscelatore chiuse gli occhi e rimanendo quasi immobile lasciò che l'acqua alla giusta temperatura e pressione le percuotesse il viso e la cute.

Dopo pochi istanti avvolta in un morbido accappatoio bianco ed immacolato era di ritorno nella sua stanza da letto e si decise a premere l'interruttore che automaticamente apriva le cortine e tirava su le persiane.

Guardo di fuori con aria assonnata e non poté non notare per l'ennesima volta quella visione orribile della piccola catapecchia in legno che le disturbava la perfetta vista che si aveva dalla sua casa e con un sorrisetto sardonico stampato sul volto esclamò ad alta voce :”Ma perché mai sarà che i pezzenti non si collocano nei luoghi corretti invece di incrinare la religiosa perfezione della vita degli abbienti”. neanche a farlo apposta un moscone annunciato dal suo fastidioso ronzio cominciò a volarle intorno. Bestiaccia dannata!

Continua....


Un incontro a settembre

Premessa:

Quando? Primi di Settembre

Dove? Roma? no. Firenze? no .....


Quadro:

Emozione, aspettativa con un pizzico di imbarazzo.

Un abbraccio sincero.

Io penso Oh com’è alto!.lui pensa.Oh com’è grasso!

Ci conosciamo ..ci riconosciamo! :-)

Cose semplici e con sentimento, felicità.


Cornice:

Una terra ricca, stupenda e selvaggia.

Storia, Flora, Fauna ( Un Aquila reale volteggiando nel cielo) ed Architettura.

Due persone care, una accanto ad ognuno.

Idealmente immersi in Gesù e Francesco.

lunedì 6 settembre 2010

Grazie Zeca

Era un momento negativo,il futuro incerto e le nuvole scure e cariche di minacce che apparivano all orizzonte non facevano che aumentare la mia anzia e l'angoscia per il futuro.
Quando all' improvviso, accendendo il lettore di cd nella macchina di mia moglie una musica con un testo illuminato e pieno di saggezza mi ha donato la pace.

Eu já passei
Por quase tudo nessa vida
Em matéria de guarida
Espero ainda a minha vez
Confesso que sou
De origem pobre
Mas meu coração é nobre
Foi assim que Deus me fez...

E deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Sou feliz e agradeço
Por tudo que Deus me deu...

Só posso levantar
As mãos pro céu
Agradecer e ser fiel
Ao destino que Deus me deu
Se não tenho tudo que preciso
Com o que tenho, vivo
De mansinho lá vou eu...

Se a coisa não sai
Do jeito que eu quero
Também não me desespero
O negócio é deixar rolar
E aos trancos e barrancos
Lá vou eu!
E sou feliz e agradeço
Por tudo que Deus me deu...

Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Sou feliz e agradeço
Por tudo que Deus me deu...

Eu já passei
Por quase tudo nessa vida
Em matéria de guarida
Espero ainda a minha vez
Confesso que sou
De origem pobre
Mas meu coração é nobre
Foi assim que Deus me fez...

Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Sou feliz e agradeço
Por tudo que Deus me deu...

Só posso levantar
As mãos pro céu
Agradecer e ser fiel
Ao destino que Deus me deu
Se não tenho tudo que preciso
Com o que tenho, vivo
De mansinho lá vou eu...

Se a coisa não sai
Do jeito que eu quero
Também não me desespero
O negócio é deixar rolar
E aos trancos e barrancos
Lá vou eu!
E sou feliz e agradeço
Por tudo que Deus me deu...

Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Sou feliz e agradeço
Por tudo que Deus me deu...(5x)

venerdì 20 agosto 2010

Sono decisamente bravo a fallire.
Sono fallito come studente.
Sono fallito come imprenditore.
Sono fallito come figlio e nipote.
Sono fallito come amico.
Sono fallito come onesto.
Sono fallito come impiegato.
Sono fallito come giusto.
Sono fallito come comunista.
Sono fallito come ateo.
Sono fallito come cristiano.
Sono fallito come marito.
Sono fallito come spirito libero.
Ma la cosa che mi fa più male è esser fallito come .......
genitore

martedì 20 luglio 2010

L'errore più grave che molti ferventi credenti fanno è quello di procurare risposte quasi esclusivamente nella letteratura considerata teologica,finendo poi per paradosso con l' attribuire sifgnificati nascosti e demonizzare la letteratura secolare.
La storia della trave e della pagliuzza.....

 un punto piccoletto,
superbio ed iracondo,
"dopo di me -gridava-
verrà la fine del mondo!"

Le parole protestarono:
"ma che grilli ha pel capo?
Si crede un Punto-e-basta,
e non è che un Punto-e-a-capo".

Tutto solo a mezza pagina
lo piantarono in asso,
e il mondo continuò
una riga più in basso.

Gianni rodari

giovedì 15 luglio 2010

se ne sono andati,
silenziosamente uno ad uno
senza una regola senza un preavviso.
squarci emotivi ,ragioni di esistenzialismo.
Caldi ricordi che cullano una tristezza in tempesta
Teodorico è stato il primo se n è andato portandosi dietro la mia gioventù
Luciana ci ha lasciato derubandomi della speranza nei miracoli
Elettra ha afferrato la dolcezza e Franco ha fatto la scarpetta nei miei ideali
Dio parlo con te
Trova il modo di restituirmi le mie cose

sabato 20 marzo 2010

Dubbi

Ho letto e ho condiviso:
""Dio mando Gesu e il diavolo inventò la Chiesa......""
Ma mi domando io, se il piacere motivatore di condividere l'Amore per Dio e per l'uomo non trova compimento nel poterlo condividere in una comunità che riceve e ci ridona questi sentimenti , non è questo destinato a morire o ad inaridire??

domenica 17 gennaio 2010

Vontade de fujir de tudo

venerdì 1 gennaio 2010

2010 e non cambia un cazzo !!!!