sabato 25 dicembre 2010

Chattando molto leggermente su KGS con un vecchio amico Umanista, Olivier Turquet , mi lamentavo di certe attitudini super consumistiche di uno dei miei figli quando lui facendo un parallelo con Francesco, il quale prima di convertirsi aveva sperimentato pienamente la vita secolare, mi scrive:

oliviert: sperimentare il nonsenso è un'ottima starda per comprendere il Senso

Mi è piaciuta molto questa frase, perchè è sintetica aperta a tante interpretazioni e ottimista.

mercoledì 22 dicembre 2010

Due famiglie oggi.

La famiglia A:
Il Papà commerciante, la Mamma impiegata, i due figli vanno a scuola e la Domenica tutti assieme vanno in chiesa.
Il Nonno rimasto vedovo vive da solo e l 'accudisce una badante.
Il Sogno di questa famiglia e comprarsi la casa in montagna.

Famiglia B
Lui medico ateo, l 'altro Lui architetto e cattolico non praticante, la Domenica la passano a fare volontariato, il Papà del medico, rimasto vedovo, vive con loro.
Il loro sogno è riuscire a costruire un ospedale a Port au Prince ad Haity per aiutare la popolazione e per far questo dedicano gran parte del loro tempo libero a procurare fondi e compagni di avventura.

Vi chiedo, avete qualche dubbio su quale famiglia piaccià di più alle chiese cristiane evangeliche e non?

Vi siete risposti?

E adesso, avete qualche dubbio su quale, tra queste due famiglie sia più simpatica agli occhi di Gesù?

Per chi ha dubbi.
Premettendo che:

I Leviti erano i membri della tribù israelitica di Levi.

Ad essi era affidato il compito di sorvegliare il tabernacolo e il Tempio. La linea sacerdotale di Aronne (un gruppo che faceva parte dei Leviti e i cui membri erano detti cohanim) era quella che si occupava concretamente dei sacrifici rituali, mentre gli altri Leviti avevano il compito di cantare, di suonare e di assistere. I Leviti sono descritti come i guardiani di Dio, il suo esercito personale che trasportava scalzo l'arca dell'alleanza.Si legge nel Vangelo secondo Luca:"


e che : I Samaritani secondo quanto afferma la Bibbia ( non storicamente comprovato), erano i discendenti unicamente degli stranieri pagani deportati in Israele nel 721 a.C., per sostituire le popolazioni ebraiche totalmente deportate, quindi considerati "inferiori"dagli ebrei del tempo.

Leggiamo adesso la parabola del buon Samaritano che troviamo nel Vangelo secondo Luca:

25Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: "Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?". 26Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?". 27Costui rispose: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso". 28E Gesù: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai".

29Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è il mio prossimo?". 30Gesù riprese:

"Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?". 37Quegli rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' lo stesso".


venerdì 10 dicembre 2010

Elefante e uomo: una drammatica convivenza

Previsioni pessimistiche sul futuro del gigante africano prigioniero di riserve troppo strette per le sue esigenze vitali


Previsioni pessimistiche sul futuro del gigante africano prigioniero di riserve troppo strette per le sue esigenze vitali Elefante e uomo: una drammatica convivenza C'e' un futuro fosco per l'elefante africano. Se penso a lui con la mentalita' dell'ecologo, non posso non notare come la difficolta' di convivenza con la nostra specie discenda da una certa somiglianza dei ruoli, nello stesso ecosistema. Tendenza alla predominanza, intelligenza, necessita' di una gran quantita' di risorse, propensione per l'esplosione demografica, queste le principali somiglianze. E' questa la realta': l'elefante e l'uomo, in Africa, mal si sopportano perche', per certi aspetti, si sovrappongono. Cio' appare tragicamente sempre piu' evidente ora che, almeno in parte, il problema del traffico dell'avorio e' risolto. E scrivo in parte riferendomi alle convenzioni internazionali, che ormai l'elefante lo proteggono sufficientemente pur permanendo il bracconaggio e il commercio clandestino. Fatto sta che gli elefanti che venivano massacrati per prelevare l'avorio oggi lo sono ancora perche' debordano dalle aree protette. Le barriere che tendono a evitare che entrino nelle zone coltivate, disturbano il loro comportamento, impediscono le migrazioni, ne fanno, in molti casi, "animali problematici", dannosi e pericolosi. D'altro canto le aree protette a loro riservate sono quantitativamente inadeguate, e questi animali a rischio di estinzione contraddittoriamente si trovano a vivere in uno stato di sovraffollamento che deprime la stessa biodiversita' dell'ambiente protetto. Difficile fare qualcosa di programmato a lungo termine nel continente africano, che vive in uno stato di instabilita' politica, di guerre e guerriglie, di necessita' di trovare soluzioni attuali per una popolazione umana in drammatico incremento demografico, con classi dominanti spesso impreparate a declinare in modo accettabile economia e ecologia. Questo pessimismo sul futuro dell'elefante africano l'ho tratto (o almeno ne ho avuto conferma) dal saggio di Joyce Poole "Ritorno in Africa" che e' appena stato pubblicato da Mondadori. Joyce Poole e' un'etologa che ha fatto ricerche sul campo sul comportamento dell'elefante per un paio di decenni, e che da qualche tempo si occupa in modo pratico della conservazione di questa specie. Le conoscenze sul comportamento sono essenziali per tentare, in qualche modo, di gestire questa complessa specie. La socialita' fondata sul matriarcato determina una peculiare distribuzione nello spazio degli individui che, proprio per l'alta socialita', per l'altruismo, devono sempre venire considerati come parte di un gruppo complesso dove tutte le classi sociali devono trovare una loro rappresentanza. La caccia in funzione dell'avorio, per contro, non solo ha drammaticamente fatto scomparire i vecchi maschi, ma anche le grandi matriarche, determinando spesso situazioni squilibrate capaci, in molti casi, di provocare addirittura pericolosi disturbi comportamentali e altre sofferenze. Ma c'e' di piu'. La ricerca etologica piu' avanzata offre infatti un ritratto dell'elefante africano che puo' porre sottili problemi di ordine etico a chiunque si trovi nella necessita' di intervenire drasticamente con piani eufemisticamente detti di selezione. Nel saggio sopraccitato si trovono alcuni capitoli che fanno il punto sulla struttura del pensiero, sulla cosiddetta telepatia elefantina (la comunicazione con infrasuoni), sulle capacita' di consapevolezza (il riconoscimento da parte del soggetto pensante dei propri atti o affetti), sull'empatia (la capacita' di un essere cosciente di proiettarsi con l'immaginazione nella coscienza di un'altra entita' vivente). E infine, impressionante, sulla capacita' di riconoscere la morte e di mettere in atto, nei confronti di un conspecifico morto, una ritualita' che richiama una sepoltura con frasche. Insomma, non e' solo una parziale sovrapposizione di ruoli in ambito ecologico a porre problemi al nostro rapporto con questo straordinario pachiderma, e' anche il riconoscimento di elevate caratteristiche di ordine etologico. E cio' che e' straordinario e' che, apparentemente, anche l'elefante percepisce un qualche tipo di affinita' intellettiva, forse di simpatia, con la nostra specie. E questo lo si nota specialmente quando un elefante s'imbatte in un cadavere umano. Perche' solo con la nostra specie ricompaiono i rituali dedicati agli elefanti morti. In definitiva c'e' molto da riflettere sull'etologia e l'ecologia dell'elefante africano, perche' i rischi che corre questa specie ci allertano su quelli che corre la nostra. Una volta si parlava di centralita' dell'uomo intendendo il suo predominio sulla natura. Ora, credo, non ha piu' senso ragionare in questi termini. La centralita' dell'uomo, semmai, non puo' oggi che identificarsi con altre parole, come responsabilita' e consapevolezza. Quella che lottare per salvare l'elefante significa farlo anche per salvare noi stessi.*

Mainardi Danilo

Pagina 22
(13 luglio 1997) - Corriere della Sera

domenica 5 dicembre 2010

L’Africa di Kevin Carter


eca950cfe123b63baf2f4059d9958376 LAfrica di Kevin Carter

Probabilmente molti di voi bene questa fotografia, divenuta icona e simbolo del volto dell' devastato da guerre, carestie, malattie¦ famosa ed evocativa quanto quella della giovane Sharbat Gula di Steve McCurry o della ragazzina vietnamita Kim Phuc in da un bombardamento al napalm del suo villaggio, fotografata da Nick Ut, Pulitzer 1972.

Anche questa scattata nel marzo 1993 in Sudan durante la guerra civile dal fotogiornalista sudafricano Kevin Carter vince il Pulitzer nel 1994, ma appena due mesi dopo Kevin Carter muore suicida e un sacco di interrogativi muoiono con lui.

Questa piccola bambina segnata dagli stenti, indifesa, rannicchiata su se stessa, presa di mira da un avvoltoio paziente e implacabile, ha fatto il giro del mondo per la sua forza dirompente e per le critiche mosse al suo , che è stato a lungo immobile a guardare la per scattare la ¦ e qualcuno non ha esitato a paragonare all' avvoltoio.