giovedì 30 settembre 2010

Insicurezza
Ego (Io)
Proprietà
Danaro
Superfluo

O

Sicurezza
Gli Altri
Utilizzo
Reciprocità
Necessario

mercoledì 29 settembre 2010

Una mattina andando al lavoro

Ele?
Oh Ele! Ele mandou um trem para nos balançar

Dois banquinhos para sentar

Um raio de sol nos olhos para fechar los

Uma linda musica para despertar os sentimentos

A minha mulher apoiada em mim me segurando as manos.

E naquele instante eu era tremendamente feliz

______________________________________________________


Lui ?

Ah Lui! mandò un treno per cullarci

Due poltrone per abbracciarci

Un raggio di sole diritto negli occhi per farceli socchiudere.

Una musica cosi bella da accenderci i sentimenti.

Mia moglie col capo appoggiato sulle mie ginocchia mi teneva le mani.

Ed io, si proprio io in quel' istante ero... tremendamente felice.


guido

martedì 28 settembre 2010

Continuando a sparare cazzate a briglia sciolte

Seduto su di una panchina osservavo un cane mordere un pezzo di legno, più esattamente una parte di ramo, mentre sdraiato la teneva tra le zampe posteriori e tentava distruggerlo gli si è avvicinato un altro cane , il basso ringhio e i denti in bella mostra segnalavano senza ombra di dubbio quale era il propietario di quel legno. Dopo qualche minuto distratto dal fischio del padrone il cane si alzava abbandonandolo, pochi istanti e il secondo cane se ne impadroniva senza che il primo se ne importasse più di tanto.

Una bellissima casa in una zona di campagna vicino una grande e importante città, la casa pian pianino si sta rovinando, i topi ci scorazzano le finestre cascano a pezzi, polvere ed umidità rendono impossibile il soggiornarvi, eppure la grande preoccupazione dei proprietari che non intendono abitarla, venderla o affittarla è che qualcuno la possa invadere.

Strana cosa la proprietà, ha bisogno di poter essere provata, documentata, archiviata, ci dona tranquillità e preoccupazioni, va difesa ad ogni costo, consideriamo giusto ammazzare per difenderla; nella nostra Società tutto si basa sulla proprietà, mio, mia, tuo, tua e cosi via.
Le persone sono proprietà, mio marito, mia moglie, i miei figli e cosi via chissà forse quella mela appesa ad un albero nell'Eden che abbiamo sempre considerato fosse una metafora del sesso in realtà potrebbe essere quella parolina che i bambini imparano poco tempo dopo aver imparato a dire Mamma..Papà..bua e acqua.. il famoso E' MIOOOO!!!

lunedì 27 settembre 2010

Mi accorgo che il Lunedi nutro una certa antipatia verso Dio, e se avete solo un po di pazienza tento spiegarvi il perchè.
Dio è Onnipotente, quindi nulla per Lui dovrebbe essere impossibile allora mi domando ma perchè mai non Ha creato tutto il Lunedi e riposato il Martedi???? Avremmo una bella settimana fatta da due giorni soli, uno lavoravamo e l'atro riposavamo!! Non mi sembra giusto che per la Sua pigrizia e la Sua lentezza o magari semplice distrazione noi tutti dobbiamo prendercela in saccoccia la vita intera!!!

giovedì 23 settembre 2010

Sparando cazzate a briglia sciolte.....

Ci troviamo spesso di fronte o in mezzo agli altri, li osserviamo, consideriamo e giudichiamo.
Quasi sempre ci scordiamo che la stessa cosa viene fatta dagli altri con noi stessi.
Io spessissimo mi sorprendo quando ho la possibilità di verificare quale sia il giudizio che gli altri hanno di me o delle mie azioni. Tra questi giudizi almeno due su tre sono positivi ed analizzandoli mi sconvolgo nel constatare che alcuni hanno un immagine della mia persona talmente positiva che riescono ad interpretare una mia vigliaccata come :"semplice e ucida strategia l'unica via d'uscita possibile...!!???", una bugia come :" sensibilità e tatto" e degli atti di egoismo come :" è il troppo affetto...lo vedi quanto ti ama?"

Insomma quando stabiliamo che qualcuno è buono o cattivo , ogni atto o parola che questa compie tendiamo a interpretarla e a forzarla tanto da renderla compatibile con l'immagine pre constituita che ci siamo fatti di quella persona , un consiglio da parte di chi consideriamo "cattivo" la consideriamo una battuta acida, lo stesso identico consiglio ma dato da qualcuno che consideriamo "buono" potrà tranquillamente essere giudicato come un sincero aiuto per il nostro bene.

Del resto quando leggiamo un libro di uno scrittore del quale conosciamo tutto o l'opera di un famoso pittore, il nostro giudizio sempre ne sara influenzato.
Mi chiedo se tutto questo sia perfettamente giusto o se invece in nome di questa consuetudine, che si spesso ben funziona , non commettiamo numerose ingiustizie.

Quando ascolto o leggo sermoni o semplici interpretazioni di brani della Bibbia o del Vangelo, mi stupisco della capacità delle persone di analizzare , sezionare cosi a fondo alcune parti o addirittura semplici periodi tanto da coglierci significati sorprendenti, i dettagli diventano i protagonisti, i paradossi determinanti insomma ci si puo leggere tutto e il contrario di tutto.
L'incoerenza diventa rivoluzionaria e disarmante, l'ira implacabile diventa giustizia divina, l'atroce e terribile tortura una prova di fede e cosi via.
Forse hanno piu ragione gli orientali che procurano il Divino attraverso la contemplazione e la meditazione e nell accettazione totale dell esistenza di misteri insolubili.

mercoledì 22 settembre 2010

« Beat è il viaggio dantesco, il beat è Cristo, il beat è Ivan, il beat è qualunque uomo, qualunque uomo che rompa il sentiero stabilito per seguire il sentiero destinato »
Gregory Corso
Rinnegato
Stamani mi sono rinnegato per l 'ennesima volta, mi sono umiliato davanti a me stesso.
Ho bisogno di nuovi mulini a vento da poter caricare a briglia sciolte, ho bisogno di tornare ad essere responsabile solo di me stesso, staccarmi tutti questi alibi che la vita mi ha cucito addosso.
Libero di andare contro corrente, orgoglioso di me, fiero di come sono.
Oggi sto qua e mi faccio schifo,vigliacco senza onore, giustificato e scusato proprio da chi non ho difeso.

Mattina pessimista

L'uomo non puo esser più importante degli altri esseri viventi e nessun uomo puo essere piu importante di un altro uomo. Solo ragionando cosi si puo ambire a concepire un mondo non egoistico.
Ogni religione, filosofia e ideale politico che parte con qualunque tipo di scala gerarchica di importanza non potrà che generare sistemi ingiusti e nocivi.

Apriamo un giornale e qualcuno dice: salviamo i cani abbandonati! sempre apparirà un altro che dirà si salviamo anche i cani abbandonati ma prima preoccupiamoci con i bambini che muoiono di fame. Poi apparirà qualcuno che dirà : preoccupiamoci con i bambini che muoiono di fame in Africa, e qualcuno risponderà si salviamo i bambini Africani! ma prima preoccupiamoci con i bambini che muiono di fame nelle nostre periferie. Apparira qualcuno che dirà preoccupiamoci dei bambini che muoiono di fame nelle nostre periferie, e ci sara qualcuno che dirà si giusto preoccuparsi con la fame dei bambini nelle nostre periferie ma nostro figlio? dobbiamo prima preoccuparci con il suo futuro e i suoi bisogni!
Insomma esisterà sempre una scala gerarchica di importanza dove in un modo o nell'altro riusciremo a collocare il nostro interesse personale sempre un tanto al di sopra di quello dell'altro.
L'egoismo puo arrivare a giustificare qualunque azione e qualunque immobilismo.
Guerre, razzismo, xenofobia,omofobia tutto nasce e viene giustificato con motivazioni egoistiche.

venerdì 17 settembre 2010

O Comandante (Ricardo Gondim)

O Comandante
Ricardo Gondim

“Existo para quê?”. A pergunta repicava em sua mente como um sino de catedral ao meio dia. Enquanto Roberto caminhava pelo hangar, tapava os ouvidos. Tentava abafar o barulho de uma turbina em teste; o exagero nos decibéis poderia dar enxaqueca. Era a turbina de seu Boeing que rodava sobre tripés. Depois de cumpridas as oito mil horas de vôo, todo avião precisa de uma manutenção meticulosa. Desmontaram toda a fuselagem para que cada rebite, cada milímetro de cabo e cada luz fossem revisados.

Roberto notou que já haviam retirado as asas e o avião, magro, se resumia a uma grade; mostrava suas costelas como uma baleia retalhada. Parou, seus olhos pesaram e se sentiu amputado. Como era triste ver um avião daquele jeito. Roberto amava voar, sentia-se onipotente quando puxava o manche e fazia decolar aquela imensa máquina. Mas seu Boeing jazia esquartejado com milhares de operários, feito vermes, remexendo suas entranhas. Arrepiou-se. Correu-lhe um frio quando pensou no dia que também só lhe restaria a carcaça.

“Existo para quê?”. Essa pergunta repetia-se estridente como uma música alucinada mais forte que a própria turbina. Sua angustia tomou conta de sua alma enquanto permanecia imóvel no fundo do hangar. Depois que perdera o encanto por Londres, Paris, Hong Kong e Bruxelas, e depois de se cansar com os corredores mal iluminados dos hotéis de luxo, saber para que existia tornou-se uma obsessão.

Mas agora, cansava só de imaginar a bateria de exames médicos e psicológicos que precisaria se submeter em minutos. À semelhança do avião retalhado, ele também seria dividido em minúsculas porções. O oftalmologista o analisaria; os raios x o revelariam de dentro para fora; encabulado, entregaria seu sangue, urina e fezes nas mãos de uma assistente. E ainda havia aqueles malditos testes psicotécnicos. Roberto não só teria que provar para estranhos que estava bem dos rins ao nariz, dos olhos aos pulmões, como também mostrar que ainda não enlouquecera, e que sua agilidade mental estava preservada depois de tantos anos de profissão.

Roberto seguiu até o setor médico no prédio, anexo ao hangar e apresentou-se à recepcionista. Ouviu um pedido educado:

-Comandante Roberto Miranda, o senhor poderia sentar-se e esperar apenas alguns minutos? Dr. Azevedo logo o atenderá.

Roberto obedeceu e pegou a revista de bordo "Mundo Alado". Mal folheou as primeiras páginas e ouviu a voz familiar do médico. Conhecia-o do clube e de outros exames. Já se submetera àquela mesma rotina três vezes nos últimos quinze anos.

-Comandante, seja bem-vindo, vamos entrar.

Os dois se cumprimentaram com um abraço displicente e rapidamente passaram ao consultório.

Roberto notou que os cabelos do médico alvejavam e pensou:

-Nem notei que os meus próprios também estão mais alvos que as neves nova-iorquinas, brincou num solilóquio.

Dr. Azevedo se antecipou e antes de falarem sobre a bateria de exames, comentou sobre o futuro da companhia, atolada em dívidas.

-Comandante, a situação está preta. Eu soube que vão despedir oitenta por cento dos pilotos e noventa por cento dos tripulantes; já fecharam as lojas, vão acabar com quase todo serviço de bordo. Azevedo falava como se estivesse escondendo algum segredo da recepcionista do outro lado da parede.

Roberto quase não respondia. Suas reações se resumiam a monossílabos incompreensíveis. O comandante mantinha um desânimo no rosto enquanto Azevedo tagarelava sobre seus direitos e sobre o Fundo de Compensação das Aposentadorias.

Roberto divagava como se sonhasse acordado. Passeava pelo campo de pouso do Aeroclube de sua cidade. Viu-se menino, olhando para os pequenos e frágeis monomotores, os queridos “Paulistinhas”. Quantas vezes, antes mesmo de completar dez anos de idade, correu atrás deles com um cata-vento na mão, que parecia girar mais rápido que a própria hélice quando rugia e provocava ventanias.

Roberto morara a pouco mais de cem metros do Aeroclube e enquanto outros meninos chutavam bola; e depois começaram a namorar, ele se sentava numa pequena oficina onde o Zeca reparava os pequenos motores.

O dia mais feliz de sua vida aconteceu quando o instrutor Felipe Caran precisava fazer um vôo teste e lhe convidou para ser o passageiro do banco traseiro do paulistinha. Foi o seu vôo inaugural. Quantas vezes sentiu a mesma felicidade quando afivelou o cinto e viu o mundo se apequenar pela janela dos gigantescos jatos que pilotou.

Naquele primeiro vôo, depois que atingiu mil pés de altura e Felipe Caran estabilizou o monomotor em velocidade cruzeiro, passou a explicar para o menino como funcionava o altímetro, a função dos flaps, o rádio de comunicação com a torre e outros detalhes. Permitiu, inclusive, que Roberto segurasse o manche. Com dois minutos o avião lhe obedecia. Sua vida nunca mais foi a mesma. A janela do monomotor estava aberta, o vento fez escorrer dois fiapos de lágrimas até a orelha. Estava irrigada uma decisão: seria um piloto.

Ele sempre pareceu uma criança melancólica, embora os olhos castanhos lhe denunciassem como um forte; impressionava com o porte. Seus cabelos grossos e castanhos formavam franjas teimosas que pendiam sobre a testa. Por toda infância, seu mundo se resumiu à escola, ao hangar do Zeca e às muitas palestras sobre aviação que assistiu escondido no curso de preparação para os candidatos a brevê.

Aos dezenove anos, Roberto já estava brevetado, com direito a fotografia nos arquivos do Departamento de Aviação Civil como habilitado para voar por instrumento. Como nesse tempo as companhias aéreas expandiam,, não demorou para ser contratado como co-piloto de um turbo hélice. Em pouquíssimo tempo, depois de alguns cursos com muito, muito estudo, ele se tornou o mais jovem comandante de Boeing de toda a história da aviação.

Acumulou milhares de horas de vôo sem nunca correr perigo. Jamais precisou requisitar suporte de terra para procedimento de emergência. Sempre cioso com as check lists, não permitia que seu avião saísse do terminal caso suspeitasse qualquer anomalia. Por isso, ganhou vários prêmios. Seu nome foi citado em todas as revistas especializadas como um profissional modelo.

Roberto pilotou as rotas internacionais de sua companhia aérea; conhecia os aeroportos de quase todo mundo.

Acostumado às rotinas, logo passou a se chatear quando era convocado para voar no Natal e Reveillon; ele não agüentava mais as servidas a bordo. Já não dormia com facilidade nas camas dos hotéis. Aqueles dias de Aeroclube amarelava como uma fotografia velha.

Sentado no consultório, Roberto percebeu o tamanho de sua fatiga. Fracassara em um casamento; não viu seus dois filhos se tornarem homens; não foi à maternidade ver seus dois netos. Não temia submeter-se à bateria de exames rotineiros. Contudo, apavorava-se de se conseguir passar no mais difícil exame: aquele que o homem faz com a sua própria alma.

Azevedo tagarelava sobre o sindicato, a Fundação, a greve já organizada e Roberto contemplava um horizonte inexistente. Parecia um cego que, sem movimentar os olhos, parece ver o nada.

-E aí comandante Roberto, o que o senhor pensa que vai acontecer?
Como se acordasse, Roberto respondeu:
-Qual futuro? Como poderemos viajar para longe do presente, se ele é tudo? Por que querer escapar do presente se nosso destino se acorrenta a ele?

Olhou para Azevedo e falou como se comunicasse pelo rádio com alguma torre de controle.
-Veja minha vida, ela ficou para trás como uma nuvem que o avião rasga. Azevedo nosso presente é como a terra que a gente vê de cima de um avião. Voamos a quase mil quilômetros por hora, mas o cenário muda com uma lentidão irritante. Nossa vida não pode esperar. Nosso destino não se esconde por detrás de uma montanha qualquer. Nosso futuro não vem em nossa direção, nós é que vamos ao encontro dele. Não podemos nos condenar a esperar, esperar. Nossa vida acontece aqui e agora, ela é o que vivemos e fazemos para sermos felizes.

Azevedo assustou-se com a mudança brusca do comandante, outrora plácido, em um pensador tão loquaz.

-O senhor anda lendo muita filosofia.
Com um olhar que parecia um dardo inflamado, Roberto continuou:
-Não, não estou lendo nada em especial. Apenas não aceito esperar pelo meu destino. Quero pilotar a nave mais importante que existe: eu mesmo.
Azevedo baixou a cabeça e esperou que terminasse.
-Não há planos de vôos para a vida, Azevedo. Não há rotas predeterminadas. Na vida navegamos por caminhos nunca explorados e eu estou cansado de submeter os meus planos de vôo. Não quero ninguém aprovando para onde devo ir, entende?.

Azevedo não entendeu, mas balançou a cabeça dando entender que sim. Roberto iluminava seu semblante a cada palavra.

-Azevedo, desde que sou criança nunca me faltou nada. Não me faltou dinheiro, nem saúde, nem coragem. Faltou-me apenas viver. Voei alto, mas minha dedicação profissional e meu zelo pela segurança de meus passageiros, eram fugas. Escondi-me na oficina do seu Zeca porque me faltava coragem de enfrentar o perigo de ser rejeitado pelas meninas que queria namorar; quis alcançar o céu porque tinha medo de pisar a terra. Desejei as alturas para ser livre, porém não fiz o que queria; obedeci mil manuais e milhões de regras.

Roberto colocou-se em pé, o médico o olhava de baixo para cima, amedrontado:

-Azevedo, ser livre é conquistar o direito de construir, de sulcar nossa própria história; não deixar que outros se sentem na cadeira do comandante com o manche na mão. Veja você, seu mundo se resume a esse consultório, suas maiores aspirações estão nas mãos alheias, seu futuro depende de uma reunião de diretoria. Você está passando velozmente e o seu cenário se arrasta em câmara lenta.

Azevedo sentiu-se agredido e resolveu contra-atacar.

-Comandante, eu amo a medicina, amo o que faço, tenho muitos motivos para ser feliz. Acho que o senhor tentou projetar em mim sua própria crise. Se luto por uma questão salarial é porque sou solidário às famílias que dependem da saúde dessa empresa. Minhas reivindicações não significam que seja um frustrado”. Azevedo parou, esperando que o assunto esfriasse para começar com os exames de rotina.

A turbina em teste no hangar silenciou. A sala se encheu de uma quietude incômoda.

-Vamos começar?
Pediu o médico.

Roberto mais uma vez se esqueceu do mundo; tinha o olhar das crianças quando brincam com pensamentos que não são pensamentos. Desligado, parecia ouvir alguém lhe falando ao longe. Chegou a franzir a testa como se esperasse a próxima mensagem e voltou à carga:

-Azevedo, eu gosto do céu; já me acostumei com o azul da estratosfera; não há nada mais lindo que enfrentar os astros e navegar rumo às galáxias. Você não imagina quantas estrelas cadentes já vi em noites sem lua. Contudo, o alumínio das fuselagens, as rotinas dos manuais e o ambiente intragável das salas de imigrações estão me matando.

Ainda em pé e segurando o encosto da cadeira à sua frente, disse:

-Quero deixar de ser o Comandante Roberto e opto pelo simples Roberto que ama a liberdade e adora o espaço. A partir de hoje vou determinar a minha própria história; isso devo a mim mesmo.

Azevedo sentiu que não adiantaria continuar replicando o comandante:

-Então, tá. Deixe eu tirar sua pressão arterial.

Roberto demorou uma fração de segundos para reagir, de cabeça baixa, parecia consultar uma check list pendurada sobre o peito.

-Não, hoje não.
Apertou a mão do médico, deu as costas e saiu com um breve e seco até logo. Desceu pelas escadas, passou pelo esqueleto do Boeing e sumiu.

A última notícia que se soube do Roberto é que ele havia participado de uma expedição de ornitólogos pelo interior da Amazônia.

Soli Deo Gloria.

venerdì 10 settembre 2010

Una delle cose piu belle che ho mai letto

A invenção da gentileza

Com a devida permissão de Paulo Brabo


Estocado em Manuscritos

Nisso, tomando-o pela mão direita, o levantou; imediatamente os seus pés e artelhos se firmaram e, dando um salto, pôs-se em pé. Começou a andar e entrou com eles no templo, andando, saltando e louvando a Deus. Todo o povo, ao vê-lo andar e louvar a Deus, reconhecia-o como o mesmo que estivera sentado a pedir esmola à Porta Formosa do templo; e todos ficaram cheios de pasmo e assombro pelo que lhe acontecera. Apegando-se o homem a Pedro e João, todo o povo correu atônito para junto deles, ao pórtico chamado de Salomão.

A disciplina da inclusão envolve mais do que um lançamento contábil; envolve mais do que fazer com que o que era contado como de fora passe a ser contado como de dentro. Em cada caso, cada vez que uma pessoa se dispõe a abraçar incondicionalmente uma outra, há um verdadeiro trajeto a ser vencido: um percurso a ser primeiro encontrado e depois percorrido. Ser salvo é ser salvo das distâncias, e arrepender-se é passar a agir deliberadamente de modo a transpô-las.

Vencer em regime definitivo a distância entre eu e o outro é o sentido da cruz e da salvação. É também, ao que tudo indica, a chave do reino de Deus.

Neste caso exemplar, um homem curva-se para estender a mão, e outro homem ergue-se firmando pela primeira vez sobre os próprios pés. No momento seguinte são iguais, olhando-se formidavelmente no mesmo nível. Encontraram-se lá em cima, e o mundo ganhou mais um cavaleiro andante.

Os antigos mestres da humanidade não desconheciam o autoconhecimento e o altruísmo, e os melhores entre eles não se limitavam a recomendá-los com palavras; porém foram necessários primeiro Jesus, depois a sua ausência, para introduzir os rigores da gentileza nas corredeiras do mundo dos homens.

O amor, como inventado ou apresentado por Jesus, não é apenas severo, absolutamente inflexível em sua disposição de favorecer e de integrar; é também consistentemente gentil – embaraçosamente gentil. De fato, sua severidade fica demonstrada no caráter inabalável de seu cavalheirismo.

Há algo de inerentemente ridículo no cavalheirismo, e é sem dúvida preciso ser um homem um pouco ridículo para ensinar – de fato ensinar – abraçando crianças, defendendo donzelas em perigo e lavando os pés de seus subordinados. A inclusão irrestrita e a defesa dos mais fracos nos parecerá invariavelmente embaraçosa, e os homens se mostrarão sempre mais prontos a abraçar o sacrifício do que o ridículo. Estamos prontos a pagar pelo heroísmo, mas menos dispostos a cobrir os custos da gentileza, porque a gentileza é a ultrajante manifestação de um amor resolutamente cavalheiresco – aquela estirpe peculiar de amor a que o Novo Testamento dá o nome de graça.

Muito declaradamente, não queremos ter nada a ver com a graça, que é por definição uma espécie voluntária de beleza. A graça é para deuses e dançarinos – isto é, é para homens, e sempre que possível preferimos nos manter abaixo desse patamar.

Porém Jesus, que tinha o sonho de semear homens de modo a colher o reino de Deus, não se contentava em exigir e oferecer menos do que o amor exuberantemente cavalheiresco – isto é, arbitrário, incondicional, anárquico, todo-inclusivo.

A gentileza, será preciso repetir, não é menos severa do que o amor. Não é uma manifestação de polidez ou de civilidade mascarada como tolerância. Não tem nenhuma relação com aquilo que costumamos chamar de “boa educação”, e que se destina a permitir a convivência ao mesmo tempo em que perpetua e valida a distância entre as pessoas. Ao contrário, a verdadeira gentileza é selvagem em sua obsessão de incluir, e saberá mostrar-se pouco gentil para com os que sonegam a graça e patrocinam a exclusão. A gentileza não ignora que é uma modalidade de anarquia e de revolução; não ignora que o seu próprio regime de violações (“Eu não condeno você”, Jesus ousou dizer à mulher adúltera, nisso transgredindo pelo menos tanto quanto ela) exige uma completa revisão dos critérios dos homens. O único mundo que a gentileza é capaz de conceber, e nisso insistirá até a morte voluntária, é um mundo em que todos se conformem a ela mesma.

Pedro e João, num único gesto, trazem para junto de si um homem que todos tomavam por definitivamente excluído dos canais aceitáveis da sociedade. E, trazendo-o para junto de si, trazem-no imediatamente para dentro – aqui está ele nos átrios do templo, saltando como um bailarino imbuído de uma nova graça, uma beleza inconcebível que transtorna todos que são submetidos a ela. O que estivera sentado à porta pedindo esmolas está agora dançando aqui dentro; o excluído a que todos negavam a graça agora a derrama com mais gosto do que todos que assistem.

Essa transgressão da gentileza é terrível demais para ser contemplada sem horror. Um universo que pode assim facilmente ser transtornado pelo amor e pela inclusão, um mundo assombrado dessa forma pela graça, é um mundo em que os homens terão de abrir mão de todas as suas seguranças. Diante dessa possibilidade, todos são tomados de terror e de perplexidade.

É aqui, diante desta glória, que devemos decidir não discutir o cessacionismo, a doutrina de que os milagres da era apostólica deixaram (ou não) de acontecer nos nossos dias. Porque aqui está absolutamente declarado, escancarado além de qualquer dúvida, que a inclusão não foi resultado do milagre; a inclusão foi em si mesma o milagre – “e reconheceram-no como o mesmo que estivera sentado à porta do templo”.

Todos os milagres de Jesus e dos apóstolos devem ser entendidos retroativamente a partir dessa chave de compreensão. Jesus, que recusou-se diante da tentação a produzir sinais que tornassem evidentes o seu poder e a glória da sua vocação, não recusou-se a cuspir na terra para fazer lama e a tocar a pele crestada de um leproso a fim de fazer brotar a inclusão. Em termos estritos, os milagres de Jesus não são manifestações de poder: são instâncias de inclusão. Conhecendo a glória da nossa vocação, Jesus foi capaz de dizer sem exagero que seus discípulos fariam “sinais maiores do que esses” – porque nosso chamado é o de implantar um mundo inclusivo que Jesus em seus milagres apenas sugeriu.

Deve ficar portanto entendido que milagres só acontecem quando o amor é colocado em prática, e que milagres são o amor colocado em prática. A gentileza é por excelência a manifestação do poder de Deus, e é também o único verdadeiro sinal que Jesus dignou-se a apresentar.

Basta ao discípulo ser como o mestre: o sinal divino e o divino selo são a inclusão do outro, pelo que os milagres só cessam de acontecer quando deixamos de incluir. O cessacionismo depende, para ser válido, da nossa omissão. Arrepender-se é mudar o mundo, e pecar é omitir-se.

Mas neste ponto o homem agraciado para de repente de cantar e de saltar e corre para se abrigar entre seus amigos. Ele entendeu que não está mais sozinho e que nisso consiste a dádiva que recebeu, e compreende ao mesmo tempo que nada há de mais sério do que ganhar um presente.

mercoledì 8 settembre 2010

Poesie di Mamma


VENEZIA

Uomini vanno

e barche sul canale.

È notte

E giungono richiamo

Al mondo che si tace.

Io vivo qui,

In mezzo a questa gente

ch'altra lingua mi parla

E d'altro ride.

Forse che solitudine

é rimpianto,

Piú non ricordo

che volli e che cercavo.

E non so piú perché..

Le due finestre

Era una bella giornata di inizio autunno, nemmeno una nuvola a macchiare la perfezione della volta celeste, la vecchia radio a valvole seminava armonicamente le sue note, dopo aver aperto la prima finestra Nonna Maria si fermò un istante a contemplare il limpido e compatto azzurro del cielo, l’aria fresca le accarezzò il viso facendola sentire viva, tra poco sarebbero arrivati i suoi nipotini! con un sorriso di soddisfazione andò ad aprire la seconda finestra, che stava dall'altra parte della piccola sala, un occhiata rapida alla vecchia pendola per rassicurarsi sull'ora e mentre l’odore del caffè che stava preparando le riempiva le narici, passò controllando con occhio attento che sulla tavola imbandita non mancasse nulla: la caraffa con il latte, il pane ancora caldo, il burro leggermente salato, il formaggio dolce, Il ciambellone all'arancio, i biscotti di Mais ,le fettine di salame tagliate sottili, e le marmellate che lei stessa aveva preparato alla fine dell'estate scorsa, tutta apprensiva e soddisfatta approvo quella vista e arrivata davanti alla seconda finestra cominciò a trafficare con la vecchia e logora maniglia pensando tra se e se che questa vecchia casa di legno avrebbe avuto veramente bisogno...urgente bisogno! di una bella ristrutturazione, le pareti erano ormai completamente screpolate e da ridipingere, il tetto faceva acqua in più punti e doveva essere completamente rifatto, per non parlare del vecchio pavimento in legno al quale si sarebbero dovute sostituire numerose tavole per poi scartavetrarlo e ridipingerlo, le finestre , le porte e tutte le ferramenterie erano da buttare per non parlare degli impianti elettrico e idraulico…

Purtroppo i soldi, come sempre e da sempre mancavano ma nonostante questi dettagli lei amava tantissimo la sua casa, ogni angolo ogni centimetro cosi come ogni crepa o difetto le ricordavano qualcosa di importante, molti ricordi belli ma ve ne erano anche di meno belli, insomma la sua casa era la memoria scolpita della sua vita. Li era andata a vivere appena sposata, li aveva partorito tutti i suoi cinque figli e sempre li, li aveva amati e cresciuti , tra quelle pareti aveva accudito il marito morente e sapeva che sarebbe stata li anche quando sarebbe giunto il momento di morire lei stessa . Nonna Maria aveva il terrore di morire sola in un letto di ospedale, il suo trapasso lo sognava sotto quel tetto sgangherato stesa nel suo letto con intorno tutte le persone care a farle compagnia.

Finalmente riuscì a vincere la sua piccola quotidiana battaglia con la maniglia e apri la seconda finestra, il viso le se illumino nel accarezzare con lo sguardo tutta soddisfatta la stupenda casa che le stava di fronte appena al di la della strada e della sua verde e piena di fiori siepe . Era una casa a due piani in stile coloniale piena di ricche decorazioni in gesso con i muri color celeste chiaro ed i dettagli di un bianco candido cosi come bianche erano le finestre, il giardino che la circondava era rigoglioso e ben curato, piante e fiori sembravano stati messe li dalla propria mano del Signore, notò con allegria l'incerto battere di ali di una farfalla che si stava per appoggiare su di un delicato fiore. Da sempre la vista di quella bella casa le aveva donato gioia e serenità e l'amava come fosse una parte integrante della sua stessa casa.

Nello stesso istante dall'altra parte della strada....

L'Iphone di ultimissima generazione adagiato nella docking station della B&W si accese all'ora esatta per la quale era stato impostato e la musica metallica cominciò a diffondersi nell' lussuoso ambiente circostante. Che giornata di merda penso tra se e se la Dottoressa Tiziana Luzzi , il tappezziere le aveva telefonato la sera prima avvisandola che avrebbe ritardato un po.

Tiziana non riusciva proprio ad essere soddisfatta delle nuove tende che aveva cambiato per la terza volta negli ultimi sette mesi e dire che le aveva pagate una fortuna, ma d'altronde dopo che aveva risolto comprare un nuovo salotto le tonalità delle tende sembravano non essere perfettamente in sintonia con i cuoi color panna dei suoi nuovi e costosissimi divani Inglesi.

Accese il televisore Led da 60 Pollici che si era fatta installare davanti al letto proprio dello stesso modello e nello stesso identico modo che aveva visto in una foto apparsa sul settimanale Panorama foto che mostrava la camera da letto di una famosissima star televisiva, pigramente comincio a recarsi verso il bagno della sua suite, la visone della stupenda Jacuzzi l annoiò e preferì entrare nella funzionale doccia che stava appena accanto a quella piccola e tecnologica piscina, azionò il miscelatore chiuse gli occhi e rimanendo quasi immobile lasciò che l'acqua alla giusta temperatura e pressione le percuotesse il viso e la cute.

Dopo pochi istanti avvolta in un morbido accappatoio bianco ed immacolato era di ritorno nella sua stanza da letto e si decise a premere l'interruttore che automaticamente apriva le cortine e tirava su le persiane.

Guardo di fuori con aria assonnata e non poté non notare per l'ennesima volta quella visione orribile della piccola catapecchia in legno che le disturbava la perfetta vista che si aveva dalla sua casa e con un sorrisetto sardonico stampato sul volto esclamò ad alta voce :”Ma perché mai sarà che i pezzenti non si collocano nei luoghi corretti invece di incrinare la religiosa perfezione della vita degli abbienti”. neanche a farlo apposta un moscone annunciato dal suo fastidioso ronzio cominciò a volarle intorno. Bestiaccia dannata!

Continua....


Un incontro a settembre

Premessa:

Quando? Primi di Settembre

Dove? Roma? no. Firenze? no .....


Quadro:

Emozione, aspettativa con un pizzico di imbarazzo.

Un abbraccio sincero.

Io penso Oh com’è alto!.lui pensa.Oh com’è grasso!

Ci conosciamo ..ci riconosciamo! :-)

Cose semplici e con sentimento, felicità.


Cornice:

Una terra ricca, stupenda e selvaggia.

Storia, Flora, Fauna ( Un Aquila reale volteggiando nel cielo) ed Architettura.

Due persone care, una accanto ad ognuno.

Idealmente immersi in Gesù e Francesco.

lunedì 6 settembre 2010

Grazie Zeca

Era un momento negativo,il futuro incerto e le nuvole scure e cariche di minacce che apparivano all orizzonte non facevano che aumentare la mia anzia e l'angoscia per il futuro.
Quando all' improvviso, accendendo il lettore di cd nella macchina di mia moglie una musica con un testo illuminato e pieno di saggezza mi ha donato la pace.

Eu já passei
Por quase tudo nessa vida
Em matéria de guarida
Espero ainda a minha vez
Confesso que sou
De origem pobre
Mas meu coração é nobre
Foi assim que Deus me fez...

E deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Sou feliz e agradeço
Por tudo que Deus me deu...

Só posso levantar
As mãos pro céu
Agradecer e ser fiel
Ao destino que Deus me deu
Se não tenho tudo que preciso
Com o que tenho, vivo
De mansinho lá vou eu...

Se a coisa não sai
Do jeito que eu quero
Também não me desespero
O negócio é deixar rolar
E aos trancos e barrancos
Lá vou eu!
E sou feliz e agradeço
Por tudo que Deus me deu...

Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Sou feliz e agradeço
Por tudo que Deus me deu...

Eu já passei
Por quase tudo nessa vida
Em matéria de guarida
Espero ainda a minha vez
Confesso que sou
De origem pobre
Mas meu coração é nobre
Foi assim que Deus me fez...

Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Sou feliz e agradeço
Por tudo que Deus me deu...

Só posso levantar
As mãos pro céu
Agradecer e ser fiel
Ao destino que Deus me deu
Se não tenho tudo que preciso
Com o que tenho, vivo
De mansinho lá vou eu...

Se a coisa não sai
Do jeito que eu quero
Também não me desespero
O negócio é deixar rolar
E aos trancos e barrancos
Lá vou eu!
E sou feliz e agradeço
Por tudo que Deus me deu...

Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Deixa a vida me levar
(Vida leva eu!)
Sou feliz e agradeço
Por tudo que Deus me deu...(5x)