lunedì 8 novembre 2010

Deismo

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William Blake: The Ancient of Days (1794)

Il deismo (dal latino deus) è una filosofia razionalistica della religione sviluppatasi nei secoli XVII e XVIII prima in Gran Bretagna e, successivamente in Francia e in Germania. Esso può essere visto anche come una teologia che ribadendo l'esistenza di Dio la configura in termini differenti da quelli della dottrina cristiana tradizionale. In realtà esso assume anche alcuni elementi del panteismo di Spinoza, ma riconferma l'esternalità di Dio rispetto all'universo.

Il deismo ritiene che l'uso corretto della ragione consenta all'uomo di elaborare una religione naturale e razionale completa ed esauriente, capace di spiegare il mondo e l'uomo. Nelle sue varie forme esso ritiene inessenziale la rivelazione , o ne prescinde, ritenendo che essa sia solo per gli incolti. Il deista fonda quindi la propria teologia non sui testi sacri ma sulla ragione ma assume apriori l'esistenza della divinità, come base indispensabile per spiegare l'ordine, l'armonia e la regolarità nell'universo.

Il concetto alla base del deismo, quello di una divinità eminentemente creatrice, ma anche ordinatrice e razionalizzatrice, è immediatamente utilizzabile, nell'ambito della classificazione tra teoetotomie e religioni ed in ottica etnologica, per identificare questi secondi modelli rispetto alle prime. In una teoetotomia infatti la divinità non esplica solo una funzione creatrice ma anche quella di censore/supervisore etico dell'uomo. Questa modalità di intendere il profilo della divinità è una modalità contingente che si può ritrovare solo su sistemi di culto connessi con modelli sociali di tipo classistico. Il passaggio da modelli deistici a modelli teoetotomistici - corroborato da varie evidenze antropologiche - è stato invocato per spiegare il mito del peccato originale.

Questa trasformazione socio culturale può essere infatti invocata per interpretare il passaggio dalla condizione anteriore alla manducazione del pomo dell'albero - detto per l'appunto della conoscenza del bene e del male - in cui l'uomo, vivendo in contesti deistici non era in grado di sperimentare la condizione di conoscenza di eventuali gesti e scelte da intendere quale opposizione alla volontà della divinità (male) da gesti e atteggiamenti graditi alla stessa (bene). Le forme deistiche, non teoetomistiche, non contemplano infatti alcun concetto di peccato/corruzione/impurità. Questo implica che in esse la sfera etica sia sottratta dall'ambito confessionale, di fede.

L'uomo dunque non può conoscere il bene e il male. È immediata la possibilità di identificare questa valenza nel nome dato all'albero in questione, detto per l'appunto della conoscenza del bene e del male, dall'agiografo. La conoscenza del bene e male, vere e proprie categorie teologiche, è infatti possibile solo in un contesto dove la divinità emani norme e leggi o principi etici a cui l'individuo si deve attenere - pena l'incorrere in sanzioni/condanne.

La concezione deistica, nata in un'epoca fortemente segnata dalle guerre di religione, intende così, mediante il solo uso della ragione, porre fine ai contrasti fra le varie religioni rivelate in nome di quell'univocità della ragione, sentita, in particolare nell'ottica dell'illuminismo, come l'unico elemento in grado di accomunare tutti gli esseri umani.

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