sabato 26 novembre 2011

Una Gran Ficata!!!!


E' passato almeno un anno da quando mio figlio Alessandro mi ha mostrato per la prima volta questo video che mostra un famoso flash mob e ancora oggi quando lo rivedo mi emoziono e gioisco fino alle lacrime. Vorrei trovare qualcosa di originale ed interigente da dire ma l'unica cosa che mi viene in mente è di consigliarvi ad alzare al massimo il volume ,ingrandire l'immagine e invitare chi già lo ha visto a riguardarlo e per chi invece non lo conosce a guardarlo per la prima volta.

mercoledì 23 novembre 2011

Giorgio Gaber - Un idea

Un'idea, un concetto, un'idea
finché resta un'idea è soltanto un'astrazione
se potessi mangiare un'idea
avrei fatto la mia rivoluzione.

In Virginia il signor Brown
era l'uomo più antirazzista
un giorno sua figlia sposò
un uomo di colore
lui disse: "Bene"
ma non era di buonumore.

Ad una conferenza
di donne femministe
si parlava di prender coscienza
e di liberazione
tutte cose giuste
per un'altra generazione.

Un'idea, un concetto, un'idea
finché resta un'idea è soltanto un'astrazione
se potessi mangiare un'idea
avrei fatto la mia rivoluzione.

Su un libro di psicologia
ho imparato a educare mio figlio
se cresce libero il bimbo
è molto più contento
l'ho lasciato fare
m'è venuto l'esaurimento.

Il mio amico voleva impostare
la famiglia in un modo nuovo
e disse alla moglie
"Se vuoi, mi puoi anche tradire".
Lei lo tradì
lui non riusciva più a dormire.

Un'idea, un concetto, un'idea
finché resta un'idea è soltanto un'astrazione
se potessi mangiare un'idea
avrei fatto la mia rivoluzione.

Aveva tante idee
era un uomo d'avanguardia
si vestiva di nuova cultura
cambiava ogni momento
ma quand'era nudo
era un uomo dell'Ottocento.

Ho voluto andare
ad una manifestazione
i compagni, la lotta di classe
tante cose belle
che ho nella testa
ma non ancora nella pelle.

Un'idea, un concetto, un'idea
finché resta un'idea è soltanto un'astrazione
se potessi mangiare un'idea
avrei fatto la mia rivoluzione
la mia rivoluzione, la mia rivoluzione.


Altri testi su: http://www.angolotesti.it/G/testi_canzoni_giorgio_gaber_4285/testo_canzone_unidea_154519.html
Tutto su Giorgio Gaber: http://www.musictory.it/musica/Giorgio+Gaber

lunedì 21 novembre 2011

Riccardo Mannerini scrive "EROINA"

Come potrò dire
a mia madre
che ho paura?
La vita,
il domani,
il dopodomani
e le altre albe
mi troveranno
a tremare
mentre
nel mio cervello
l’ottovolante della critica
ha rotto i freni
e il personale
è ubriaco.
Ho paura,
tanta paura,
e non c’è nascondiglio possibile
o rifugio sicuro.
Ho licenziato
Iddio
e buttato via una donna.
La mia patria
è come la mia intelligenza:
esiste, ma non la conosco.
Ho voluto
il vuoto.
Ho fatto
il vuoto.
Sono solo
e ho freddo
e gli altri nudi
ridono forte
mentre io striscio
verso un fuoco che non mi scalda.
Guardo avvilito
questo deserto
di grattacieli
e attonito
vedo sfilare
milioni di esseri di vetro.
Come potrò
dire a mia madre
che ho paura?
La vita,
il suo motivo,
e il cielo
e la terra
io non posso raggiungerli
e toccare…
Sono sospeso a un filo
che non esiste
e vivo la mia morte
come un anticipo terribile.
Mi è stato concesso
di non portare addosso
vermi
o lezzi o rosari.
Ho barattato
con una maledizione
vecchia ma in buono stato.
Fu un errore.
Non desto nemmeno
più la pietà
di una vergine e non posso
godere il dolore
di chi mi amava.
Se urlo chi sono,
dalla mia gola
escono deformati e trasformati
i suoni che vengono sentiti
come comuni discorsi.
Se scrivo il mio terrore,
chi lo legge teme di rivelarsi e fugge
per ritornare dopo aver comprato
del coraggio.
Solo quando
scadrà l’affitto
di questo corpo idiota
avrò un premio.
Sarò citato
di monito a coloro
che credono sia divertente
giocare a palla
col proprio cervello
riuscendo a lanciarlo
oltre la riga
che qualcuno ha tracciato
ai bordi dell’infinito.
Come potrò dire a mia madre
che ho paura?
Insegnami,
tu che mi ascolti,
un alfabeto diverso
da quello della mia vigliaccheria.



Testo successivamente rielaborato dall’Autore e da Fabrizio De André con il titolo “Cantico dei drogati” per l’album “Tutti morimmo a stento” del 1968 (n.d.c.)

domenica 20 novembre 2011

Fabrizio De Andre: La Canzone di Maggio

Anche se il nostro maggio
ha fatto a meno del vostro coraggio
se la paura di guardare
vi ha fatto chinare il mento
se il fuoco ha risparmiato
le vostre Millecento
anche se voi vi credete assolti
siete lo stesso coinvolti.

E se vi siete detti
non sta succedendo niente,
le fabbriche riapriranno,
arresteranno qualche studente
convinti che fosse un gioco
a cui avremmo giocato poco
provate pure a credevi assolti
siete lo stesso coinvolti.

Anche se avete chiuso
le vostre porte sul nostro muso
la notte che le pantere
ci mordevano il sedere
lasciamoci in buonafede
massacrare sui marciapiedi
anche se ora ve ne fregate,
voi quella notte voi c'eravate.

E se nei vostri quartieri
tutto è rimasto come ieri,
senza le barricate
senza feriti, senza granate,
se avete preso per buone
le "verità" della televisione
anche se allora vi siete assolti
siete lo stesso coinvolti.

E se credente ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti. 


Canzone del Maggio (Preso da Wikipedia)

Il primo brano, Canzone del Maggio, è liberamente tratta da un canto del maggio francese del 1968 di Dominique Grange, il cui titolo è Chacun de vous est concerné[7]. Quando De André si mise in contatto con lei per pubblicare il pezzo, la cantante francese glielo regalò non chiedendo i diritti d'autore. Va però notata la grande differenza anche nella musica tra il brano di De André e la versione originale.
Della Canzone del Maggio esiste una versione dal testo differente (e lontano dalla traduzione letterale dell'originale[8]), presentata a volte dal vivo dal cantante genovese; di questa versione esiste una registrazione pubblicata dalla Produttori Associati in una cassetta antologica Stereo 8.
Il ritornello di questa versione recita "Voi non avete fermato il vento, gli avete fatto perdere tempo"; sono presenti inoltre altre differenze.

martedì 15 novembre 2011

L'albero generoso, di Shel Silverstein

 
C'era una volta un albero che amava un bambino. Il bambino veniva a visitarlo tutti i giorni. Raccoglieva le foglie con le quali intrecciava corone per giocare al re della foresta. Si arrampicava sul tronco dell'albero e dondolava attaccato ai rami. Ne mangiava i frutti e poi, insieme, albero e bambino giocavano a nascondino.

Quando era stanco, il bambino si addormentava all'ombra dell'albero, mentre le fronde gli cantavano la ninna-nanna.
Il bambino amava l'albero con tutto il suo piccolo cuore.
E l'albero era felice.
Ma il tempo passò e il bambino crebbe.
Ora che il bambino era grande, l'albero rimaneva spesso solo.

Un giorno il bambino venne a vedere l'albero e l'albero gli disse:

"Avvicinati, bambino mio, arrampicati sul mio tronco e fai l'altalena con i miei rami, mangia i miei frutti, gioca alla mia ombra e sii felice".

"Sono troppo grande ormai per arrampicarmi sugli alberi e per giocare", disse il bambino. "Io voglio comprarmi delle cose e divertirmi. Voglio dei soldi. Puoi darmi dei soldi?".

"Mi dispiace!, ripose l'albero, "ma io non ho soldi. Ho solo foglie e frutti. Prendi i miei frutti, bambino mio, e va' a venderli in città. Così avrai dei soldi e sarai felice".

Allora il bambino si arrampicò sull'albero, raccolse tutti i frutti e li portò via.

E l'albero fu felice.

Ma il bambino rimase molto tempo senza ritornare... E l'albero divenne triste.

Poi un giorno il bambino tornò; l'albero tremò di gioia e disse:

"Avvicinati, bambino mio, arrampicati sul mio tronco e fai l'altalena con i miei rami e sii felice".

"Ho troppo da fare e non ho tempo di arrampicarmi sugli alberi", rispose il bambino. "Voglio una casa che mi ripari", continuò. "Voglio una moglie e voglio dei bambini, ho dunque bisogno di una casa. Puoi darmi una casa?".

"Io non ho una casa", disse l'albero. "La mia casa è il bosco, ma tu puoi tagliare i miei rami e costruirti una casa. Allora sarai felice".

Il bambino tagliò tutti i rami e li portò via per costruirsi una casa.

E l'albero fu felice.

Per molto tempo il bambino non venne. Quando ritornò, l'albero era così felice che risuciva a malapena a parlare.

"Avvicinati, bambino mio", mormorò, "vieni a giocare".

"Sono troppo vecchio e troppo triste per giocare", disse il bambino. Voglio una barca per fuggire lontano da qui. Tu puoi darmi una barca?".

"Taglia il mio tronco e fatti una barca", disse l'albero. "Così potrai andartene ed essere felice".

Allora il bambino tagliò il tronco e si fece una barca per fuggire.

E l'albero fu felice... ma non del tutto.

Molto molto tempo dopo, il bambino tornò ancora.

"Mi dispiace, bambino mio", disse l'albero, "ma non resta più niente da donarti. Non ho più frutti".

"I miei denti sono troppo deboli per dei frutti", disse il bambino.

"Non ho più rami", continuò l'albero, "non puoi più dondolarti".

"Sono troppo vecchio per dondolarmi ai rami", disse il bambino.

"Non ho più il tronco", disse l'albero. "Non puoi più arrampicarti".

"Sono troppo stanco per arrampicarmi", disse il bambino.

"Sono desolato", sospirò l'albero. "Vorrei tanto donarti qualcosa... ma non ho più niente. Sono solo un vecchio ceppo. Mi rincresce tanto...".

"Non ho più bisogno di molto, ormai", disse il bambino. "Solo un posticino tranquillo per sedermi e riposarmi. Mi sento molto stanco".

"Ebbene", disse l'albero, raddizzandosi quanto poteva, "ebbene, un vecchio ceppo è quel che ci vuole per sedersi e riposarsi. Avvicinati, bambino mio, siediti. Siediti e riposati".

Così fece il bambino.

E l'albero fu felice.
Questa sera siediti in un angolo tranquillo e aiuta il tuo cuore a ringraziare tutti gli "alberi" della tua vita.

lunedì 14 novembre 2011

Fortune (Fregata dal blog di Albatros)




Salgo sulla macchina infilo le chiavi non faccio l’avviamento, mi metto comodo al posto di guida. Prima tento di dipanare il filo dell’auricolare che puntualmente è aggrovigliato poi lo collego al cellulare. Seleziono il numero da chiamare e lo poggio nel vano portaoggetti. Accendo l’auto nel mentre i vetri si sono tutti appannati, aziono la ventola, attendo un istante mi guardo intorno, non c’è nessuno . Infilo la retro e sollevo lentamente la frizione, un ultimo sguardo, le ruote fanno 30° di giro e la strada prima deserta, si popola di auto che miracolosamente sono apparse e viaggiando quel tanto che basta per non farmi uscire dal parcheggio, si incolonnano ordinatamente al vicino semaforo, che nel mentre è diventato rosso.

Puntualmente l’immancabile pirla, arresta la sua auto dietro la mia, si accorge che mi impedisce di uscire , ma non può far altro che attendere che arrivi il verde. Non poteva sapere che volevo uscire dal parcheggio, sono praticamente fermo. Finalmente riesco a fare manovra, nel mentre è scattato di nuovo il rosso.
Questa volta in strada, penso a quanto vorrei essere altrove. Come sarebbe diversa la mia vita se riuscissi a trovare il tempo per fare le cose che più mi piacciono. Pensiero infantile, sono tra i fortunati che ancora lavorano e di fatto non gli manca nulla, eppure quel bisogno di libertà non mi abbandona.
Scatta il verde, infilo la prima poi la seconda e vado via, al lavoro. Io per strada come tanti altri, mi pare di sentire i loro pensieri avvertire il loro stato d’animo. “Ma quale progresso ?” ci affanniamo corriamo sempre di più, la nostra vita ai ritmi di :psw, sms ed e-mail . Ancora poco e sarò arrivato. Mi immergerò completamente nelle mie attività sino a sera, quando chiuderò la giornata salendo di nuovo in auto. Questa volta stanco e con la sensazione di non aver costruito nulla di utile, di aver partecipato a un teatrino, dove ognuno recita un proprio ruolo ed’ è diverso da ciò che da a vedere. Svolto a destra, abbandono il corso, sblocco la tastiera del cellulare e lascio che componga il numero.

Due squilli e mi risponde la mia compagna, le dico:” non ho voglia; scappiamo?” e lei senza chiedermi dove, mi risponde “si!!”

domenica 13 novembre 2011

Su questi ultimi giorni i miei pensieri confusi....

Non avendo ancora finito di digerire le terribili e tristi immagini della morte di Gheddafi ci siamo ritrovati schiaffeggiati da quelle delle inondazioni, dai grafici delle borse che crollano, dei conteggi dei voti in parlamento e da quelle delle dimissioni di Berlusconi.
Il mio confusissimo pensiero è che, sostanzialmente, per quelli che come me non possiedono assolutamente un cazzo, da una casa di proprietà ad una singola azione o a qualche euro in banca, con le dimissioni di Berlusconi  ed ognuna delle possibili conseguenze non cambi assolutamente nulla.
Il sor Silvio non mi è mai piaciuto e ne l'ho mai votato ma visti i suoi innegabili successi imprenditoriali ho sinceramente sperato che almeno facesse qualcosa di buono.
Senza mai averlo odiato, l'ho sempre visto come la logica espressione di quella bella fetta di italiani che amano il successo ed il denaro, anche se non è il loro, un italia populista ed egoista che va in chiesa e/o venera l 'immagine di Padre Pio ma che poi odia i Rom, che sventola i tricolori ma va a braccetto con la Lega, che applaudiva il Duce quando arringava le piazze ma che poi è sceso in quelle stesse piazze per appenderne il cadavere a testa in giu' ad un gancio da macellaio. Sarà forse per questo che ieri la cosa che più mi ha disturbato sono state le scene di tripudio da stadio davanti a parlamento e quirinale, becere manifestazioni di "linciaggio" cosi tipiche della specie umana, e per assurdo ho provato un istintiva simpatia per chi invece scendeva in piazza per difenderlo non rinnegandolo e cosi facendo almeno non rinnegandosi.
Odio invece questo mondo dominato dall'economia e dalla finanza, un mondo dove i più hanno tanto ma non se ne accorgono vivendo nel terrore di perderlo, dove chi ha poco o nulla commette l 'imperdonabile peccato di essere (per quanto ancora?) minoranza, e che quando esprime la propria rabbia, una rabbia figlia del disagio economico, culturale ed etico lo fa ciecamente perchè istintivamente avverte la propria totale impotenza di poter contare  o fare qualcosa, per poi inevitabilmente ritrovarsi additata, criticata e condannata da tutta l'opinine pubblico televisiva.
Cosi all'improvviso ci si accorge che molti di quelli che vanno allo stadio per fare "casino" sono gli stessi che scendono in piazza a scontrarsi con le forze dell'ordine e che "mio Dio!" hanno imparato a sopravvivere anche attraverso l' illegalita dello spaccio, dei piccoli furti e delle piccole rapine. Molti diranno che  non tutti sono  veri figli del disagio ma che tra questi ci sono anche tanti figli di borghesi, si è vero, ma ne sono sicuramente una minoranza, e poi anch'essi alla fine sono degli emarginati perchè risultato di un educazione priva di passioni nobili, senza ideali superiori e senza etica politica o religiosa.
Purtroppo finiscono per essere strumentalizzati da gran parte della stampa cosi da  poter sminuire le reali dimensioni di questa fetta della nostra società , fetta che  nel disagio reale se ne frega dello spread e del rating e che si sente emarginata, perseguitata e odiata e che sa amare solamente odiando e combattendo contro i mulini a vento ma che è capace di scendere nelle strade di Genova a spalare fango ed aiutare nei soccorsi, quei soccorsi che la stragrande maggioranza dei "ben pensanti" vede solo attraverso le immagini della televisione o dei monitor dei computer. Tutto questo mi fa essere pessimista ma non uccide la speranza che la parte migliore dell'animo umano alla fine prevalga su quella peggiore, tv permettendo.

giovedì 10 novembre 2011

Haka Ka Mate

Leader: Ringa pakia!
Batti le mani contro le cosce!

Uma tiraha!
Sbuffa col petto.

Turi whatia!
Piega le ginocchia!

Hope whai ake!
Lascia che i fianchi li seguano!

Waewae takahia kia kino!
Pesta i piedi più forte che puoi!




Leader: Ka mate, ka mate
È la morte, È la morte!
Squadra: Ka ora' Ka ora'
È la vita, è la vita!
Leader: Ka mate, ka mate
È la morte, È la morte!
Squadra: Ka ora Ka ora "
È la vita, è la vita!
Tutti: Tēnei te tangata pūhuruhuru
Questo è l'uomo dai lunghi capelli

Nāna i tiki mai whakawhiti te rā
...è colui che ha fatto splendere il sole su di me!

A Upane! Ka Upane!
Ancora uno scalino, ancora uno scalino,

Upane Kaupane"
un altro fino in alto,

Whiti te rā,!
IL SOLE SPLENDE!

Hī!
Risata!

lunedì 7 novembre 2011

La vita che vorrei

La vita che vorrei..
Vorrei avere una famiglia, una casa dove vivere e magari anche un cagnolino che riposa sulle mie ginocchia, vorrei sedermi intorno al tavolo con la televisione spenta per cenare tutti assieme e raccontarci la nostra giornata, mi piacerebbe che tra noi si usassero sempre toni pacati e che tutti ci trattassimo con rispetto e dolcezza, tanta dolcezza. Vorrei avere una moglie e dei figli sani e felici senza grilli nella testa che non si droghino non fumino e non bevano se non in modo occasionale. Vorrei che almeno un giorno alla settimana, quando e se possibile, fosse dedicato a noi quattro facendo qualcosa di divertente insieme. Vorrei avere delle ferie da passare con la mia famiglia facendo qualche viaggetto e rilassandoci tutti assieme. Vorrei poter fare qualcosa anche per gli altri, dedicare una fettina del mio tempo ad aiutare il prossimo. Vorrei vedere un mondo ed una società consapevole, più giusta e più equa. Vorrei un giorno andare a votare senza sapere chi è davvero il migliore, invece di ritrovarmi col dubbio se non votare o decidere chi rappresenta il male minore. Vorrei che i miei figli avessero degli ideali, sia politici che religiosi, tanto da rendersi conto che i veri valori non sono il denaro, il successo od il potere ma sono quelli che ci permettono di vivere sereni e di far vivere sereni gli altri. Vorrei che passassero il tempo giudicando se stessi e non gli altri e che alla fine si capissero si giustificassero e si amassero perché questo è il primo passo per fare altrettanto con il prossimo. Vorrei avere amici da amare e con i quali passare un po’ di tempo semplicemente e serenamente insieme, vorrei avere una squadra da amare ed andare allo stadio per tifarla, magari insieme alla mia famiglia ed ai miei amici. Vorrei essere magro per poter fare un po’ di attività fisica, giocare una partitella di calcio ogni tanto, godermi l’estate non vedendo l’ora di correre al mare per mettermi in costume e tuffarmi e nuotare… nuotare.. nuotare. Vorrei fare un lavoro che mi piace dove potermi gestire i miei spazi ed il mio tempo e immaginare una vecchiaia serena e senza paure. Vorrei nella prossima vita poter riabbracciare tutte le persone care che se ne sono andate anche se dentro al mio cuore non credo questo sia possibile, almeno in questa forma. Vorrei invece essere convinto del contrario,credere in una vita dopo la morte dove conservare la mia coscienza e davvero poter incontrare tutti i miei cari.
Tante di queste cose già le ho e sono tra le più importanti, altre dipendono anche,solo od in parte da me, vorrei tanto avere la forza per farle succedere o almeno tentare.