Il Quarto Stato fu dipinto da Pellizza tra il 1898 e il 1901 e venne acquistato per pubblica sottoscrizione dal Comune di Milano nel 1920; da allora fa parte delle Civiche Raccolte d'Arte (oggi Galleria d'Arte Moderna presso palazzo Belgiojoso Bonaparte in via Palestro). Pellizza decise il titolo con cui il quadro è universalmente noto poco prima di inviarlo alla Prima Quadriennale di Torino del 1902, in sostituzione del precedente Il cammino dei lavoratori, con una più consapevole scelta di classe, maturata a margine di letture socialiste e anche di una riflessione sulla Storia della rivoluzione francese di J. Jaurès, che in quegli anni usciva in edizione italiana economica e a dispense. Il soggetto è ispirato a uno sciopero di lavoratori, un tema che aveva interessato i pittori del realismo europeo alla fine dell'Ottocento (da Lo sciopero dei minatori di Alfred-Philippe Roll del 1884 a Sciopero di Plinio Nomellini del 1889, a Una sera di sciopero di Eugene Laermans del 1893).
Rispetto ai contemporanei il quadro di Pellizza rifiuta caratterizzazioni di eccitata protesta o di passiva rassegnazione, ma legando il tema iconografico dello sciopero con quello della sfilata che caratterizzava le celebrazioni della festa dei lavoratori, presenta una schiera di braccianti che avanza frontalmente, guidata in primo piano da tre persone in grandezza naturale: un uomo al centro affiancato, in posizione leggermente arretrata, da un secondo lavoratore più anziano e da una donna con un bimbo in braccio. La scena si svolge su una piazza illuminata dal sole chiusa sul fondo da folte macchie di vegetazione, che schermano anche le architetture esistenti, e da una porzione di cielo bluastro con striature rossastre iscritta in una cornice centinata. L'organizzazione dei personaggi fu lungamente studiata da Pellizza attraverso disegni preparatori a carboncino e gesso di grande suggestione compositiva e chiaroscurale: disegni singoli per i tre protagonisti, a gruppi per i personaggi in secondo piano, e di dettaglio per teste o mani delle ultime figure sul fondo.
Come i tre personaggi principali non si collocano su un'unica linea ma hanno un'impostazione leggermente a cuneo, così anche i personaggi in secondo piano sono solo apparentemente disposti a schiera, perché in realtà, come è ben evidenziato anche dalle loro ombre, si distribuiscono secondo una linea ondulata ribadita da un analogo comporsi del movimento delle mani nonché dal ritmo e dalla direzione delle loro teste. Questa soluzione contribuisce a evitare che il tutto appaia statico e greve, e a suggerire invece un movimento ritmico e continuo, che ben rappresenta ed evidenzia l'idea dell'avanzata. Anche le diverse condizioni di luce concorrono ad accentuare questa impressione di moto, perché mentre lo sfondo del cielo rappresenta un tramonto, le figure sono viste in una luce quasi meridiana: si accentua in tal modo l'idea dì un trascorrere del tempo e quindi di un collocarsi dell'episodio in uno spazio e in un tempo apparentemente unitari e contingenti, ma, in realtà, espressione di una dimensione più articolata e capace di alludere a un lampo e a una natura che diventano il simbolo di una storia e di valori più universali. In essi infatti si materializza l'avanzare inarrestabile di uomini e donne le cui connotazioni descrittive di età e di classe vengono rielaborate e riassorbite in forme nutrite di una profonda cultura pittorica che attinge ai modelli rinascimentali (Raffaello, Michelangelo, Leonardo, Botticelli) lungamente studiati nei musei di Firenze, nelle Stanze e nei Palazzi Vaticani, e sulle fotografie Alinari, che di tali capolavori documentavano efficacemente forme, ritmi e articolazioni compositive. La volontà dell'autore di misurarsi al tempo stesso con la contemporaneità e con la storia si traduce non nella semplice riproposizione di un episodio contingente di uno sciopero o di una manifestazione di protesta, da cui pure aveva tratto fin dal 1891 la prima idea del quadro - in una ricerca che aveva prodotto il più oggettivamente naturalistico Ambasciatori della fame del 1892 e la interpretazione meno oggettiva e fortemente simbolista di Fiumana del 1895-96 -, ma nella ideazione di un quadro capace di esaltare l'oggettività delle forme e di simbolizzare tutto il cammino che la classe lavoratrice aveva fatto e si preparava a compiere, un cammino di affrancamento dall'abbrutimento della fatica verso una più umana consapevolezza del proprio valore e della propria forza, un percorso frutto di azione ma anche di pensiero.
Un simile elogio della contemporaneità non poteva essere realizzato se non con una tecnica capace di essere assolutamente moderna, e cioè scientificamente controllata nei passaggi costruttivi della figura ma anche nello studio degli accordi e dei contrasti delle luci a partire dalle basi offerte dalla fisica e dalla chimica ottocentesche. Il Quarto Stato è un'opera complessa, frutto di una tecnica cromatica matura ed efficace. Sulla grande tela, preparata a colla e gesso, Pellizza tracciò le linee di riferimento necessarie per costruire i numerosi personaggi su vari piani e la scena d'ambiente, utilizzando veline ricavate a penna sulla base di diversi cartoni a carboncino; intervenne poi col colore che usò puro, nella ricca gamma di toni messa a disposizione a fine Ottocento dalla casa parigina Lefranc, e che applicò a punti e lineette secondo le leggi del divisionismo, per rendere non solo effetti convincenti di luce ma anche di ariosità e di massa sia nel paesaggio sia nelle figure. Nel piano d'appoggio dominano tonalità ocra e rosate, che trovano il loro punto di massima accensione nel gilet rosso del personaggio in primo piano; nelle figure gli abiti sono realizzati con colori verdastri e giallo sulfurei, ottenuti con una ripetuta sovrapposizione dei vari pigmenti colorati, studiati nelle loro interferenze e nei loro timbri sulla base di cerchi cromatici del tipo elaborato da N.O. Rood (Modern Chromatics uscito a Londra nel 1879), capaci di determinare particolari intensità di toni sfruttando le leggi del contrasto e della complementarità. Anche la dimensione e la direzione delle pennellate contribuiscono a costruire le forme in modo tale da garantire a esse volume pur senza accentuarne la pesantezza o la robustezza. Analoga sapienza denotano le macchie di vegetazione che mediano con il loro controluce e la ricchezza de! fogliame tra la piena luminosità del primo piano e il corrusco tramonto di fondo. Proprio queste caratteristiche di serena oggettività, ma anche di forza e di sicura determinazione hanno contribuito a definire il valore simbolico dell'opera adottata come manifesto dai lavoratori e dalle loro associazioni fin dall'inizio della sua storia espositiva, all'origine di una lunga serie di usi e di riprese soprattutto nella seconda metà del Novecento.
[Testo di Aurora Scotti, tratto da Cento opere. Proposte di lettura, in Enciclopedia dell'arte, Milano (Garzanti) 2002]