Se
uno dice tv spazzatura tutti pensiamo a programmi come il Grande
Fratello, Uomini e Donne o C'è Posta per Te. Io invece chiamerei di
spazzatura tutti i maggiori Tv-talk di prima serata, dove da anni
imperversano, trovano spazio e notorietà giornalisti come Sallusti, il
direttore di Libero quel quotidiano dove non si vergognano a chiamare in
prima pagina di ”culona” il capo di stato di una nazione
come la Germania, oppure dove un giorno si e l'altro pure ospitano
politici come la Santanchè che oltre a dire e sostenere cose barbare ha dei tratti somatici da far seriamente prendere in considerazione la possibilità
di rivalutare le teorie del Lombroso, con una faccia che sembra rubata
da qualche favola Disney dove potrebbe tranquillamente interpretare il
ruolo della regina cattivissima di Biancaneve oppure Crudelia Demon
la megera della Carica dei 101, quella che adora confezionarsi pellicce
con la pelle di cuccioli di dalmata, o personaggi sempre politici del
calibro di Gentilini, impresario e sindaco leghista che fa dell'odio
feroce per gli extracomunitari il fiore all'occhiello della sua
militanza politica :"sindaco sceriffo!" ama descriversi.. Per non
parlare di quando ci ritroviamo nello schermo, dietro al solito
conduttore neoaccessoriato che laido con la bocca piena di saliva e
sfregandosi le mani ci descrive nel dettaglio crimini irrisolto mostrandoci i soliti “plastici” di
case, villette o navi grondanti sangue dove insieme a milioni di
italiani si ritrova a soddisfare strani bisogni sadicomaniacali di
massa. Parte integrante dello spettacolo i faccioni ormai
stranoti dei soliti/o psichiatri/a, criminologi/o , sociologi/o,
avvocati, giudici/e e ufficiali/e dei carabinieri (più una bella/o
gnocca/o di turno) che come nel gioco delle tre carte, a turno si
alternano e si dividono tra innocentisti e colpevolisti e non di rado
(che schifo) anche a difendere interessi economici propri, visto che
spessissimo poi ce li ritroviamo nei vari collegi di accusa o difesa.
Mi chiedo quanti altri paesi al mondo si debbano, come e quanto noi,
vergognare della propria classe politica, editoriale, professionale e,
ai di me, anche culturale.