lunedì 27 febbraio 2012

Chuang-tzu: L'uomo comune ama chi gli assomiglia e detesta chi è diverso da lui. Colui il quale ama la somiglianza e detesta la differenza vuole, a sua insaputa, essere al di sopra degli altri uomini del mondo.

sabato 25 febbraio 2012

E voi che ne pensate?

Chuang-tzu: un allevatore di scimmie distribuiva ghiande alle scimmie dicendo loro: "Vi darò tre ghiande al mattino e quattro la sera. Che ne pensate?" Le scimmie si mostrarono innervosite. "Ve ne darò quattro al mattino e tre la sera. Che ne dite?" Le scimmie ne restarono incantate.

venerdì 24 febbraio 2012

Tanti auguri Nonno Franco, mi manchi tantissimo.

La Fede senza l'amore non è nulla,l'amore senza la Fede è abbastanza

Un mio caro amico che ogni tanto fa un salto qui nel mio blog mi ha chiesto perché in queste pagine parlo sempre meno di Dio e di religione, e se tutto questo significa che ho smarrito la fede. Gli ho risposto di no che non è assolutamente cosi'.
Indubbiamente il mio rapporto con Dio non è cambiato di una virgola da quello che era, ma devo riconoscere che sicuramente è cambiato il mio modo di vedere la religione, la religiosità e i credenti in generale.
C’è stato un momento del mio passato che avevo un bisogno incredibile di Dio e avevo il bisogno di amarlo omologandomi in un modo di vederlo, sentirlo e amarlo non personale, e cosi mi sono incamminato verso la comunità religiosa che più si avvicinava al mio bisogno di vedere Dio e grazie a Lui ho trovato un posto con persone alle quali ispirarmi e soprattutto affidarmi  cosa che mi ha aiutato tantissimo, possiamo dire che figurativamente Dio mi ha preso imbraccio e coccolandomi mi ha portato  fuori dall’ombra.
All'interno di questa comunità cristiana mi è stato detto che l’unico modo giusto e possibile di conoscere e amare Dio è attraverso la Sua Parola, Parola che troviamo nella Bibbia; tutto questo all’inizio mi ha convinto,  aiutato e mi è bastato.
Ma poi, piano piano, il Dio che è descritto nella Bibbia mi è cominciato ad apparire contraddittorio e le prime domande hanno cominciato a martellarmi in testa, cosi, pieno di dubbi, sono andato a porle a chi conosceva la Bibbia infinitamente più di me e questa persona con dolcezza e tanta pazienza mi spiegava, interpretava e trovava risposte in altri versi dello stesso Sacro Libro; il bravo Pastore è come il bravo avvocato, uno usa la Bibbia e l'altro il codice ma entrambi li usano col fine di avvalorare la loro tesi e la loro versione. Ma l'inquietudine è tornata ed ho cominciato a guardarmi intorno, dentro ai Tempi che frequentavo e vi ho trovato una quantità enorme di incongruenze con gli insegnamenti di Gesù, vedevo persone arrivare in chiesa su macchinoni enormi e nuovissimi, passare davanti a poveri ed ai bisognosi senza nemmeno notarli, entrare per ascoltare il sermone, commuoversi ,riempirsi gli occhi di lacrime ed il cuore di buone intenzioni, battersi il petto col pugno incolpandosi e chiedendo scusa, per poi uscire dal tempio passare incuranti davanti agli stessi bisognosi, rimontare sui macchinoni e tornare purificati alla loro quotidianeità. Cosi ho cominciato a pormi altre domande e le ho rigirate alle stesse persone più sagge di me e delle quali mi fidavo che mi avevano rassicurato la volta preceente, ed anche questa volta mi hanno dato risposte intelligenti  basate nelle Sacre Scritture, si vedeva che erano abituati a dare queste spiegazioni, mostrandomi inoltre che anche io ero pieno delle stesse contraddizioni e di altri difetti.
Cosi mi sono guardato dentro ed ho visto che il mio rapporto con Dio all' interno della chiesa diventava sempre più egoistico, tutto si risolveva con pregare ed adorare il Signore perchè il farlo mi dava piacere, la chiesa era una specie di club sociale che mi riempiva il tempo libero e dove potevo fare amicizie e passare il tempo, insomma un gran bell’ hobby o come meglio definisce il mio caro amico Paulo Brabo ero diventato anche io un " dipendente chimico da Chiesa".
Ogni chiesa  ha un proprio gergo, le proprie letture, le proprie musiche, il proprio modo di vestire ,tagliare i capelli e perfino tenere la barba, e le proprie gerarchie, raramente ho trovato luoghi dove le gerarchie contano di più che in una comunità religiosa; la chiesa ha anche una  propria economia, nelle chiese si vendono Bibbie di tutte le fatture immaginabili, cd, viaggi, convegni e vacanze, di tutto insomma.
Ed a un certo punto mi sono sentito a disagio con tutto questo, perché come ogni altro frequentatore di chiese mi sono ritrovato a passare il tempo a giudicare il prossimo ed a condannarlo,  invece di giudicare se stessi col fine di migliorarsi si condannava il prossimo per sentirsi sicuri,ma la cosa che mi dava più fastidio è che il peggiore dei fedeli veniva considerato migliore del più buono e saggio tra i non fedeli.
Io credo fermamente che Dio non possa essere rinchiuso e rinchiudibile in pagine di carta e copertine, credo che Dio stia nei cuori di tutti gli esseri umani e che sia visibile tutt’intorno a noi ed a tutti noi, in ogni tempo ed in ogni dove, con tutte le implicazioni possibile di questo dove e quando.
Chi di noi, dal Cinese all'Italiano o dal Ebreo all'Arabo non sa quando sta facendo qualcosa di sbagliato? Chi di noi trova una spiegazione veramente logica all’enormità che ci circonda?, all’indefinibilità del tempo? all’inizio ed alla fine del tutto? all’infinitamente grande o all’infinitamente piccolo?  I Libri sacri sono fondamentali perché ci parlano di persone incredibili che hanno capito e ci hanno ripassato e tradotto questi segnali che stanno dentro e intorno a noi, ma la storia , le parole e le azioni di queste stesse persone sono passate attraverso il filtro dei secoli e attraverso le interpretazioni di altre persone, di infinite ritrascrizioni e traduzioni.
Io mi sento cristiano perché sin dall’infanzia ho amato Gesù, quel Gesù del quale mi parlava mia nonna e l’ho visto e interpretato in un certo modo; l’ho amato, perso e reincontrato, per infine cominciare a capire quello che ritengo sia il modo giusto di comportarsi: " Ama il prossimo tuo come te stesso, non fare ad altri quello che non vorresti fosse fatto a te, non cercare la pagliuzza nel occhio del prossimo quando ignori la trave che c’è nel tuo, perdona e sarai perdonato,porgi l’altra guancia" e cosi via, sono queste le cose semplici ma che contano davvero.  Proprio non riesco a credere, anzi peggio,  non riesco proprio ad amare  un Dio capriccioso e vendicativo con difetti umani come l’ira, la vendetta, la gelosia o ancor peggio credere nell' insicurezza di un Dio che manda un orso ad uccidere dei bambini perchè hanno mancato di rispetto ad un profeta, oppure credere ad un Dio che per testare la fede di un credente che lo ama, quando stuzzicato dal male, gli infligge pene indicibili.
Io credo in un Dio buono e perfetto che bada alle azioni e non alle parole od alle alle ritualità e alle superstizioni, e non c'è libro Sacro al mondo che possa farmi cambiare idea su questo.
Nel Nuovo Testamento si incontra un Dio che è venuto a parlarci di Amore e non a Giudicare, si lo ha fatto senza apertamente rinnegare il Vecchio ma nella sostanza Gesù in tante occasioni lo fa di fatto, tanto è vero che i suoi peggiori nemici erano proprio coloro che passavano il tempo a studiare e ad interpretare le Sacre Scritture ossia i Farisei. Gesù secondo ha tentato eliminare la superstizione esistente, preservando il sentimento e questogli ha scatenato contro l'ira dei Farisei.

mercoledì 22 febbraio 2012

Christian il leone

Christian è stato un leone acquistato nel 1969 da John Rendall e Anthony "Ace" Bourke, due ragazzi australiani che vivevano a Londra. La sua storia ha commosso milioni di persone, per lo straordinario e incredibile legame che si è instaurato tra i due uomini e l'animale, con l'aiuto del famoso naturalista George Adamson.

Il cucciolo di leone, chiamato successivamente Christian, venne acquistato dai due amici, nella sezione animali domestici del grande magazzino Harrods a Londra[1]. Il cucciolo era stato separato dai suoi genitori a causa della vendita dello zoo di Ilfracombe, in Inghilterra, nel quale vivevano [2]. Rendall e Bourke decisero di comprare il cucciolo di poche settimane, preoccupati per le condizioni nelle quali era tenuto e per il suo destino, se fosse finito in mani sbagliate.
I due amici, con l'aiuto delle allora fidanzate, Jennifer Mary e Unity Jones, allevarono e si presero cura del cucciolo fino ad un anno d'età. Inizialmente, tenendolo nel retro del negozio di mobili nel quale lavoravano[3], convincendo i loro datori di lavoro che sarebbe stata un'ottima pubblicità per gli affari.
Successivamente, data la dimensione dell'animale, passato in un anno da 16 kg a circa 84 kg e il notevole costo per mantenerlo, si resero conto che il cucciolo non poteva vivere ancora a lungo in un ambiente così stretto e poco adatto. Il vicario di Moravian Chapel, il quartiere nel quale si trovava il negozio, concesse, allora, ai due ragazzi il campo del cimitero, munito di un ampio prato per permettere al leone di scorrazzare liberamente per qualche ora al giorno.
Ma questa condizione non durò a lungo. Per un caso fortuito, si presentarono al negozio di mobili gli attori Bill Travers e Virginia McKenna, in cerca di una scrivania da acquistare. I due attori avevano appena finito le riprese di Nata libera, il film tratto dal romanzo di Joy Adamson che narra le vicende di Elsa, una leonessa cresciuta dalla Adamson e dal marito, il naturalista George Adamson, reintegrata nel suo habitat naturale nel Kenya. D'accordo con i due ragazzi, gli attori decisero di contattare proprio il naturalista affinché aiutasse anche Christian ad essere reintegrato in una riserva naturale in Africa.

Nel 1970, ad un anno di età, Randall e Bourke, decisero di intraprendere questa avventura per poter permettere al loro leone di proseguire la sua vita in un habitat più adatto alle sue esigenze. Per la difficoltà del progetto di reintegrazione, Adamson avvertì i due ragazzi che la storia di Christian era ben diversa da quella di Elsa, la leonessa reintegrata senza problemi. La difficoltà stava proprio nel fatto che Elsa era rimasta orfana nella sua terra, in Kenya, quindi abituata comunque alla terra, al clima e agli odori del posto, mentre Christian era sempre stato in città e i suoi stessi genitori erano nati in cattività e poi ceduti ad altri zoo. Nel 1971, venne preparata una speciale cassa per il trasporto del leone, con una scritta sul lato che recitava "East African Airways. Londra - Nairobi. Christian - Leone maschio di 12 mesi"[1] e caricata su un aereo diretti in Africa, accompagnata da Randall e Bourke.

All'arrivo alla riserva Kora, in Kenya, George Adamson decise di fermarsi in prossimità del fiume Tana, lontano da qualunque abitazione umana. Questo luogo era stato indicato dal naturalista come il migliore per poter costruire un campo e tentare la reintegrazione del leone nella colonia di leoni già esistente. Infatti, Adamson avvertì la difficoltà di integrare un altro maschio in una comunità con un capobranco già attribuito e decise quindi di aiutarsi con un altro leone maschio addomesticato di nome Boy, che aveva preso parte al film Nata libera. Il piano di Adamson era quello di stabilire un legame tra i due che li rendesse i leader di un nuovo nucleo; il progetto finanziario per seguire la vicenda dei due leoni sarebbe stato finanziato da uno sponsor. Intanto, Randall e Bourke ritornarono a Londra e chiesero ad Adamson di tenerli informati sui progressi di Christian. Il campo di Kora si trovava a circa 220 miglia a nord-est di Nairobi ed era diventato Parco Nazionale. Il fratello e collaboratore di George Adamson costruì per Christian una gabbia di fango e paglia, per abituare il leone a stare all'aperto di notte, sia per il clima che per i vari rumori notturni. Nel recinto di fianco venne collocato Boy, il maschio che avrebbe dovuto aiutare l'integrazione nella natura selvaggia di Christian. Il loro primo incontro fu decisamente esplosivo: essendo già integrato nella natura, Boy cercò di attaccare Christian per sottometterlo. Fortunatamente, c'era una rete metallica a dividerli. Adamson, fece incontrare i due leoni più volte in questo contesto, fino a che un giorno si sentì abbastanza sicuro nel togliere la protezione per verificare i progressi di Christian. Appena i due leoni si avvicinarono l'uno all'altro, fu evidente che l'esperimento era riuscito e che Boy aveva insegnato al giovane maschio il suo ruolo di leader. Da quel giorno, i due leoni divennero inseparabili. Il secondo passo per la reintegrazione fu quello di aggiungere alla coppia una femmina, Katania, per poter estendere la nuova colonia appena creata. I tre, ogni giorno, venivano fatti passeggiare in ques'ordine: Boy, Katania e Christian con Adamson al suo fianco, munito di un fucile e pronto a far scappare qualunque minaccia esterna.

Le vicissitudini di Christian furono accompagnate da varie tragedie nel campo di Kora. La femmina Katania venne attaccatta da un coccodrillo in prossimità di una pozza d'acqua e un'altra femmina, che gli era stata affiancata, fu sbranata da un altro branco di leoni.
Successivamente, Stanley, uno chef della riserva, si allontanò dal campo alla ricerca di un po' di miele selvatico, ma compì questa escursione senza misure di sicurezza. Boy, che si trovava libero nelle vicinanze, si accorse dell'uomo e gli si avvicinò. Stanley, spaventato, decise di scappare correndo, ma questo comportamento, dettato dalla paura, galvanizzò il leone, che lo inseguì come fosse una preda. Adamson, poco lontano, udì le urla di aiuto dell'uomo e si armò di fucile per aiutarlo. Puntò verso Boy e lo colpì dritto nel cuore, troppo tardi però. Il leone aveva già addentato alla gola lo chef, che morì per la gravità delle ferite riportate nell'attacco [1]. La tragedia diede un punto d'arresto a tutto il progetto, per il clamore che ne susseguì anche sui giornali. Adamson non si scoraggiò e chiese aiuto per continuare il suo progetto ad altri naturalisti con i quali aveva già collaborato in passato.

Grazie alla sua influenza nel campo del naturalismo, George Adamson continuò il progetto per l'integrazione di Christian nell'ambiente selvaggio e, nel 1974, poté scrivere a Randall e Bourke che il progetto aveva avuto esito positivo. Christian, infatti, aveva preso possesso di una colonia di cui era divenuto il leader, aveva avuto dei cuccioli con due femmine e, dopo la sua reintegrazione nella natura, si avvicinava raramente al campo e agli uomini. Questo era un buon segno per Adamson, dato che il progetto originale prevedeva proprio questo distaccamento tra il leone e gli uomini. A questa notizia dolceamara, i due amici australiani decisero di intraprendere un ultimo viaggio in Kenya per poter osservare di persona la piena reintegrazione del loro leone e per potergli dare un ultimo saluto.

Prima dell'arrivo di Randall e Bourke, Adamson avvertì i due ragazzi che il loro viaggio sarebbe stato uno spreco di tempo, poiché Christian non si faceva vedere da almeno nove mesi. La notizia non era delle migliori, considerando che il naturalista batteva la zona giornalmente. Soprattutto, c'era una buona probabilità che il leone fosse stato ucciso da bracconieri o da altri maschi. Tuttavia, i due ragazzi decisero di partire lo stesso per il Kenya.
All'arrivo a Nairobi, i due amici si imbarcarono su un volo locale per recarsi al campo di Kora. Adamson gli andò incontro con una novità: la notte prima, infatti, Christian era tornato nelle vicinanze del campo con la sua compagna e i suoi cuccioli. "Christian è arrivato ieri sera. È qui con le sue leonesse e i loro cuccioli. È appostato sulla sua roccia preferita al di fuori del campo. Vi sta aspettando."[1]. Questa notizia rallegrò Randall e Bourke, convinti fino a quel momento che il leone non si sarebbe più fatto vedere. George Adamson e sua moglie Joy avevano spesso parlato nei loro scritti di una sorta di sesto senso dei leoni, soprattutto nei confronti degli uomini, definendo ciò come una sorta di capacità telepatica.
I due amici furono, comunque, ulteriormente avvertiti del fatto che il leone avrebbe potuto non riconoscerli e, conseguentemente, attaccarli. I due ragazzi, però, si recarono lo stesso all'incontro e quello che avvenne fu documentato da un filmato che dalla sua messa in onda continua a commuovere i visitatori di tutto il mondo. Infatti, Christian non solo riconobbe immediatamente i due ragazzi, ma gli corse incontro come se non si fosse mai allontanato dai due e gli buttò le zampe intorno al collo in una sorta di abbraccio. Questo comportamento stupì anche il naturalista che non si aspettava una reazione così positiva dopo quasi tre anni di lontananza.
L'incontro con Christian si prolungò per tutta la notte e fino alla mattina successiva. I tre amici, nel ritrovarsi, avevano ripercorso il tempo trascorso insieme come se non fosse passato un giorno dalla loro separazione. Il mattino dopo, Randall e Bourke assistettero all'allontanamento di Christian, delle sue compagne (chiamate Mona e Lisa) e dei cuccioli, che a loro volta accettarono la vicinanza degli umani, grazie alla presenza del maschio dominante.
Tre mesi dopo, Randall e Bourke ritornarono a Kora e avvistarono nuovamente Christian appostato sulla sua roccia, nei dintorni del campo. Tuttavia, il leone stavolta non si avvicinò ai due: Christian si limitò a guardarli da lontano e poi si allontanò definitivamente.
Dopo questo secondo incontro, Christian e i suoi due salvatori non si ritrovarono più. Il naturalista ipotizzò in seguito che, data la vita media di un leone di circa 16/18 anni, Christian abbia finito i suoi giorni nella Riserva Naturale di Meru, in prossimità del fiume che costeggia il campo di Kora[4]. Qui di seguito l'incredibile video che mostra il rincontro del Leone e dei due amici umani.


 

lunedì 20 febbraio 2012

Storie di tatami e di carattere

Domenica pomeriggio a casa da solo, aspettando la partita della Roma col Parma, leggermente annoiato accendo il computer e mi metto a leggere posts su facebook, ad un certo punto mi soffermo su di uno dove il figlio di un mio amico brasileiro invita ad indovinare il nome della sua nuova cagnetta e come indizio posta una foto dove appaiono due lottatori di Brasilian Ju-jitsu dove uno dei due atleti sta applicando un ude-garami (leva articolare) all'altro. Subito sotto un suo amico esclama:” lo so io! Kimura.
Incuriosito dal nome attribuito all' ude garami vado su Google e scrivo Kimura clicco...e cominciano ad apparirmi una serie di link, rapidamente seleziono quelli dove si parla di Judo o Jujitsu e comincio a leggere ed a scoprire la storia della vita di questo incredibile atleta Masahiko kimura (1917-1993) uno dei più forti Judoka di tutti i tempi, diventato campione a soli ventanni e rimasto per ben tredici anni imbattuto. A 32 anni con dentro la voglia di cercare nuovi limiti ad un età che normalmente per un lottatore dovrebbe essere l'inizio del declino agonistico, Kimura abbandona l'attività sportiva dilettantistica per cercare nuove emozioni nella lotta professionista. Sempre cercando in rete trovo in un link la storia del epico combattimento tra Kimura e Gracie e comincio a capire del perchè del nome attribuito in Brasile all' ude garami ( http://www.judo-educazione.it/Judo/kimuragracie.html):” Nel luglio '51 a Kimura ed a due altri compagni venne chiesto di combattere in Brasile. Kimura, allora trentaquattrenne, era accompagnato dal campione universitario di 240 libbre (110 kg) Yamaguchi (allora 6° dan) e da Kado (5° dan). Era una sfida con un esponente del Ju-jutsu: Helio Gracie, campione brasiliano nell’arco di 20 anni. Il vincitore sarebbe stato determinato dal segnale di resa dovuto a strangolamento o leva articolare, oppure da un chiaro knock-out. Ippon e osae-komi non avrebbero avuto alcun effetto sul risultato del combattimento. Durante il combattimento con Kado, Gracie venne proiettato diverse volte. Era in ottime condizioni fisiche e dimostrò padronanza delle ukemi, rompendo le cadute con minime conseguenze. Dopo 10 minuti, Kado decise di attaccare al suolo. Immediatamente, il bravissimo Gracie lo fece svenire per strangolamento, così fu dichiarato vincitore e divenne l’eroe nazionale del Brasile!
Qualche settimana dopo, Gracie sfidò i rimanenti membri della squadra. Yamaguchi rifiutò per paura di ferirsi, ma Kimura accettò. Erano presenti 20.000 spettatori. I sostenitori di Gracie portarono una bara nello stadio perché presumibilmente, Kimura avrebbe dovuto essere ucciso. Erano presenti a bordo ring il Presidente e il Vice Presidente della Repubblica brasiliana.
Durante il combattimento, Kimura proiettò Gracie ripetutamente con Ippon-Seoi-nage, Osoto-gari e Harai-goshi. Fece inoltre uso di tecniche di controllo come Kuzure-kami shiho gatame, Kesa-gatame, Sankaku-gatame. Gracie si dimostrò avversario formidabile rifiutando di arrendersi anche dopo 12 minuti di combattimento cruento. Kimura successivamente portò a terra Gracie con un Osoto-gari seguito da Kuzure-kami shiho. Durante la battaglia che seguì, Gracie cercò di uscire dalla presa a terra facendo ponte, ma cadde dritto nell’ude-garami di Kimura. La leva articolare deve essere stata dolorosa, ma quando Gracie rifiutò di arrendersi, Kimura fece forza e come risultato Gracie subì una frattura al gomito sinistro.
Anche ferito Gracie rifiutò di arrendersi, e così i secondi ‘gettarono la spugna’ e Kimura fu dichiarato vincitore per KO tecnico. Sebbene Kimura avesse in effetti vinto il combattimento, venne riconosciuto che Gracie aveva un grande spirito di combattente. Più tardi Kimura rese omaggio alla tremenda volontà dimostrata da Gracie. A questo punto la mia curiosità comincia a comprendere anche Helio Gracie personaggio del quale già avevo sentito parlare durante la mia lunga permanenza in Brasile, Helio è il capostipite della famiglia Gracie, colui che ha impiantato il Brasilian Jujitsu e che lo ha esportato negli United States, famiglia che ha anche praticamente inventato il Vale Tudo. Ma la cosa che più mi è piaciuta di tutto questo navigare è arrivata alla fine quando scovo un link dove un altro grande Judoka Giapponese passato al Vale Tudo intervista Helio Grace proprio a proposito della famosa lotta con Kimura, qui di seguito vi riporto il link dell'intervista integrale che è molto interessante:”http://www.judo-educazione.it/Judo/gracie.html” ed è proprio alla fine dell'intervista che vengo colpito dalla grandezza delle personalità in gioco, proprio qui dove ad un certo punto verso la fine dell'intervista:”
Nishi: Anche Kimura nel suo libro parla del combattimento col sig. Helio, e dice che hai uno spirito molto forte.
Helio: Anche lui aveva uno spirito molto forte. Penso di avere ricevuto l’autentico spirito del samurai da lui. Forse ero un giapponese in una vita precedente.
Nishi: A proposito, cosa dovrei fare del mio progetto? Sono venuto per fare un incontro con uno dei Gracie, ma nella conversazione col sig. Helio ho toccato il cuore di cui parla il maestro Kimura. Ora ho un maestro in più, sig. Helio. Forse ero un brasiliano in una vita precedente.
Io ho trovato tutto questo molto emozionante, spero anche voi. Qui sotto il video con l'emozionante incontro tra questi due samurai.

            Masahiko kimura vs Helio Grace

mercoledì 15 febbraio 2012

Le verità scomode.....( campo di concetramento e sterminio creato dall’Esercito Italiano nell’isola di Arbe (Rab))

Un esercito di “morti di fame” che rubava le scarpe ai deportati per non andare a piedi scalzi

Non è Buchenwald, non è Mauthausen, non è Auschwitz. Le foto provengono dal campo di concetramento e sterminio creato dall’Esercito Italiano nell’isola di Arbe (Rab) durante il tentativo di genocidio etnico del popolo sloveno nella follia della “italianizzazione” delle aree della Slovenia e della Dalmazia lasciate al governo italiano dall’esercito tedesco che aveva travolto le difese serbe. Arbe era uno dei campi “nascosti” d’internamento della popolazione civile slovena creati dall’esercito italiano per rappresaglia alla resistenza partigiana iugoslava che continuava a infliggere pesanti perdite agli invasori. La particolarità di Arbe, come degli altri simili campi di stermino, era data dalla presenza solamente di bambini, donne e anziani, perchè i giovani partigiani non venivano mai catturati. Dalle tombe censite ad Arbe sono stati stimati 1.500 morti su una popolazione di circa 15.000 internati. Simon Wiesenthal, tuttavia, ha stimato le morti in oltre 4.000, circa un terzo degli internati. Le cause delle morti furono essenzialmente la fame, il freddo e le malattie epidemiche per mancanza di qualsiasi cura, considerando che l’occultamento dei campi impediva alla Croce Rossa ogni intervento umanitario. La shoah è stata una tragedia indiscutibilmente enorme alla quale non sono stati estranei il governo e il popolo italiano, il genocidio sloveno è però un fatto totalmente italiano che l’opportunismo del cambio di alleanze da parte dei “reali” piemontesi in fuga e l’eroica resistenza dei partigiani italiani, sottraendo l’Italia al tribunale per i crimini di guerra, ha impedito di accertare e punire.
E’ giusto celebrare il “giorno della memoria” dello sterminio ebraico e ricordarlo incessantemente alle nostre nuove generazioni, ma è fuori discussione che ai “figli dei figli” dei criminali di Arbe dovrebbero anzitutto essere ricordati i crimini commessi dai loro avi, motivatamente e documentalmente rifiutando la aberrante logica del “conto pari” delle asseite foibe jugoslave.

Nella primavera del 1941 l’esercito tedesco travolge le difese del Regno di Jugoslavia che viene frammentato in una serie di stati e distretti distinti a seconda dell’etnia e dell’influenza politica degli alleati dell’Asse. All’Italia, accorsa con il suo esercito dopo il collasso della Jugoslavia, viene assegnata la Slovenia, parte delle coste dalmate sino a Cattaro e il Montenegro in “onore” della regina Elena. La Croazia viene costituita in regno formalmente incoronando il “nobile” Aimone di Savoia Aosta duca di Spoleto, che in verità non salirà mai al trono, e affidata concretamente al governo del criminale nazista Ante Pavelic. Al momento dell’ingresso dell’esercito italiano nel territorio jugoslavo la presenza di cittadini di origine e lingua italiana era estremamente modesta ed essenzialmente concentrata nell’Istria. Nessuna presenza significativa italiana, così come nessuna influenza economica, commerciale o cultuale intercorreva tra l’Italia e la confinante Slovenia. Nella follia imperiale propria del fascismo, ma pienamente condivisa dalla casa reale piemontese e dalle classi dominanti italiane, nacque allora l’idea della creazione di una provincia slovena parte integrante del territorio del Regno d’Italia. Ebbe così inizio un processo italianizzazione di quei territori che, da culturale con la soppressione della lingua slovena e l’imposizione di quella italiana, l’allontanamento dei non italiani da ogni impiego pubblico e soprattutto dell’insegnamento, ben presto si trasformò in una vera e propria pulizia etnica, portata all’estremo di una folle proposta avanzata a Mussolini da Italo Sauro, figlio dell’eroe Nazario della prima guerra mondiale, di deportare tutti i giovani sloveni ultra quattordicenni in Germania, soluzione “per fortuna” respinta dagli stessi tedeschi. La brutalità e la violenza dell’occupazione italiana provocò una reazione di resistenza nei territori occupati dagli italiani non minore di quella sorta nei restanti territori della ex Jugoslavia sotto il dominio tedesco. L’esercito italiano, nonostante l’impiego di truppe scelte dei granatieri di Sardegna e un consistente numero di Carabinieri Reali, non riuscì mai a tenere testa alla resistenza slava, nonostante tre successive offensive a vasto raggio, alcune con l’impiego dei mercenari cetnici e l’aiuto di reparti tedeschi. La risposta a tale impotenza fu l’avvio di una strategia di “terra bruciata”, con il sistematico saccheggio dei paesi, la distruzione di interi villaggi e la deportazione massiccia di civili presunti sostenitori della resistenza. Nella quasi totalità si trattava di donne, bambini e anziani non in grado di unirsi alla resistenza. A tal fine vennero creati numerosi campi di concentramento, taluni anche nell’Italia centrale in Toscana e in Umbria, dove vennero concentrati circa 30.000 deportati. Nel febbraio 1942, al massimo dell’impotenza della guerra contro la resistenza slava sempre più forte e sostenuta dalla popolazione, l’esercito italiano circondò la capitale della provincia, Lubiana, con un reticolato di filo spinato in cerchi concentrici lungo circa 41 chilometri, passando al setaccio quartiere per quartiere la città. Nel corso dei circa 29 mesi di occupazione italiana della Slovenia, tra fucilati e morti nei campi di concentramento, vennero uccisi circa 13.000 sloveni pari al 2,6% della popolazione. Già prima dell’armistizio dell’8 settembre 1943 i rapporti di forza tra l’esercito occupante e la resistenza jugoslava unificata sotto la guida di Tito e del partito comunista, erano totalmente cambiati ed ebbe inizio una rotta disastrosa dell’esercito italiano che venne fermata solo dalla durezza dello scontro ancora in corso tra l’esercito di liberazione jugoslavo e le truppe tedesche (va ricordato che i partigiani jugoslavi in quegli anni impegnarono da soli un numero di divisione tedesche equivalente a quello di quelle impegnate dal fronte alleato in Italia). Il successivo passaggio dell’Italia dalla parte degli alleati e, soprattutto gli accordi di Yalta, all’epoca rispettati dai comunisti jugoslavi, impedirono l’annessione dell’area di Trieste alla nuova Repubblica Jugoslava, ma invertirono totalmente il processo di italianizzazione della Dalmazia e della Slovenia a vantaggio del ritorno nelle loro case e territori degli slavi deportati dall’esercito italiano. Il revisionismo storico, forte della sottrazione della nuova Italia antifascista e repubblicana ai processi per i crimini di guerra intrapresi a carico dei nazisti tedeschi, ha cercato di “pareggiare” il conto della barbarie dell’occupazione italiana con le reazioni, certamente non meno dure e vendicative, della resistenza jugoslava vincitrice. E’ nata così la retorica delle “foibe” (cavità naturali del terreno carsico istriano) nelle quali sarebbero state sepolte collettivamente le vittime delle vendetta slava. E’ sicuramente un dato storico e assolutamente (quanto bestialmente) coerente con la barbarie dei tempi, quello di una sanguinosa vendetta della resistenza slava tornata nel possesso dei propri territori liberati dall’occupazione militare straniera, anche se non vi sono dati certi, cioè reali e verificati, dei numeri di tali ritorsioni (includendovi peraltro anche quelle legittimate dalle responsabilità criminali di molti degli occupanti italiani). Non si tratta qui (e comunque mai) di confrontare numeri, né di cercare giustificazioni di azione/reazione (che pure hanno un loro indubbio significato politico ed etico), quanto di voler richiamare la memoria e la consapevolezza di una responsabilità storica che se non riconosciuta, ammessa e denunciata, può riprodurre nel futuro analoghe, se non proprio identiche, vicende di violenza e bestialità, e questo, purtroppo, è accaduto e non una sola volta e neppure in un remoto passato, anzi forse proprio oggi si sta ripetendo con la follia della guerra “umanitaria” in Libia. Un’ultima nota non di poca importanza. Le vicende narrate sono, come ogni notizia, dato o informazione pubblicata da questo giornale, verificate e verificabili. Se andrete negli appositi siti internet le troverete narrate anche una crudezza e violenza assai maggiore. In quei siti (o almeno in taluni di essi) troverete però anche una “imbarazzante” tesi giustificativa del comportamento della “brava gente” italiana che in brevissima sintesi afferma: gli italiani non sono stati da meno dei tedeschi nel compiere atti di violenza ai danni dei popoli invasi, i tedeschi tuttavia lo facevano perché era nella loro “natura criminale”, gli italiani no, gli italiani lo facevano perché erano dei pezzenti come e forse persino di più dei popoli violentati. Così quando i “bravi” soldati italiani durante un rastrellamento dei villaggi sloveni saccheggiavano le case prima di bruciarle e inviavano ai loro parenti in Italia vecchie scarpe, vestiti usati, pentole e posate, e poi facevano morire di freddo, malattie e fame i vecchie e i bambini nei campi di concentramento, lo facevano perché erano così poveri da dover rubare le scarpe per non andare a piedi nudi e certamente non potevano dividere un pane che non bastava neppure per loro. Domanda: è una giustificazione? O è l’espressione più chiara ed evidente di quanto una guerra può trasformare degli esseri umani, quanto meno normali in condizioni normali, in bestie?
URL breve: http://archivio.piazzadelgrano.org/?p=5485

martedì 14 febbraio 2012

Bertold Brecht
Tutti vedono la forza del fiume in piena
pochi vedono la violenza degli argini che lo costringono.

sabato 11 febbraio 2012

spred spred spred,Schettino Schettino Schettino,neve neve neve,Celentano Celentano Celentano,Tav Tav Tav, marò marò marò, ari/Parolisi ari/Parolisi ari/Parolisi quale sarà il prossimo tormentone?

venerdì 10 febbraio 2012

Mio Bisnonno paterno

Storia Della Medicina
Gabriele Tedeschi
Da tempi remoti a Napoli esisteva , sia nel campo delle materie letterarie che in quello delle Scienze giuridiche  e delle Scienze mediche , un florido insegnamento privato: liberi professionisti , cultori delle materie , nei propri studi e nelle proprie abitazioni , impartivano lezioni, tenevano conferenze, organizzavano corsi a titolo privato a giovani studenti ed a giovani laureati desiderosi di approfondire le proprie conoscenze. Nel campo della medicina in particolare , fin dai tempi della Scuola Salernitana, l’ insegnamento privato  è stato sempre meglio curato e florido, tanto da superare in alcuni periodi, a detta anche di osservatori stranieri(Combes,1843), l’ importanza delle lezioni dei professori ufficiali della Università. In generale nel campo dell’ insegnamento parauniversitario potevano essere distinte due diverse forme: in una prima forma l’ insegnamento si teneva tutto negli studi privati dei singoli docenti, ed in una seconda forma invece l’ insegnamento si teneva in ospedale, direttamente al letto dell’ ammalato.
Il primo tipo di insegnamento era più facile per ovvie ragioni nel campo delle discipline giuridiche o letterarie, l’ altro era invece non solo esclusivo, ma molto più frequente , nel campo delle scienze mediche eminentemente pratiche.
Negli studi privati i Maestri , liberi da ogni vincolo di corporazione, da ogni autorità di programma , attendevano all’ insegnamento senza preoccupazioni  esaminatorie  e senza timore di biasimo o speranza di lode: loro giudici i giovani . In questi ogni loro speranza , e la scuola credeva o diminuiva non per occulte protezioni o sollecite arti di amici o di detrattori, ma solo per  l’ autorità del nome e l’ efficacia dell’ insegnamento.
Era l’ insegnamento fine a se stesso il solo nobile scopo di questi studi privati. A chiunque avesse conseguito la laurea era lecito< aprir scuola> e , se questa non fosse stata vitale, la libera concorrenza e la pubblica disistima l’ avrebbero presto o tardi eliminata. Secondo lo statuto della Santa Casa degli Incurabili
(1519) era permesso ai Medici e Cerusici dare insegnamento clinici nell’ Ospedale anche a personale che non vi apparteneva; l’ ospedale era all’uopo fornito di propri teatri anatomici e di gabinetti scientifici. Per tradizione l’ insegnamento ospedaliero era di indirizzo essenzialmente positivo: fondandosi principalmente sulla semeiotica come l’ abbici della educazione medica, i giovani erano chiamati  direttamente alla ricerca dei segni morbosi al letto dell’ ammalato prima , e poi alla pubblica discussione del valore diagnostico dei segni rilevati; ogni singolo caso era sotto la direzione ed il controllo del Maestro.
Tanto fiorente fu la Scuola Ospedaliera che già nel Seicento essa toccò il fastigio ad opera di due eminenti cultori delle discipline mediche, Mario Zuccaro e Marco Aurelio Severino. Quest’ ultimo da Primario dell’ ospedale assurse alla cattedra di Chirurgia ed Anatomia. La sua Scuola divenne fucina di allievi e cenacolo di studiosi e di dotti. Da tutte le università italiane studenti si muovevano alla volta di Napoli per ascoltare i dotti insegnamenti del Severino. Perfino giovani studiosi dalla Germania , dal Belgio, dall’ Inghilterra, dalla Danimarca e dall’ ultimo settentrione, accorrevano per essere istruiti da lui  adattandosi a rimanere nella qualità di amanuensi (Scala)
Allo Zuccaro  e al Severino fecero corona non pochi altri che si distinsero nello studio della medicina: Mario Schipano, Carlo Pignataro , Antonio Santarello, Leonardo di Capua , Tomaso Donzelli, Luca Tozzi e Tomaso Cornelio.  Quasi tutti ascesero alla cattedra , di guisa che già fin dal seicento gli ospedali di Napoli ed in particolare l’ Ospedale degli Incurabili fondevano le loro sorti gloriose con quelle della Facoltà di Medicina, cui certamente non mancarono, quale vero seminario di dotti, di conferire  lustro e decoro(Scala). Dalla morte del Severino i rapporti tra la vita accademica e quella ospedaliera andarono facendosi sempre più intimi tanto che si può affermare che da allora la storia  culturale dei due istituti scientifici era perfettamente connessa l’ una con l’ altra. I rapporti dei due istituti , anche quando non riassunsero sul loro campo ambedue le funzioni, di medici ospedalieri e di cattedratici, certamente vissero in un intimo connubio spirituale.
Successivamente , negli ultimi anni del settecento, un altro grande Medico ospedaliero, Domenico Cotugno. Al pari del suo predecessore, il Severino, fu per i suoi meriti supremi Primario ospedaliero e Professore universitario, consacrando i vincoli intellettuali tra l’ ospedale e la facoltà di Medicina, facendo accogliere nell’ Ospedale degli Incurabili alcune delle principali cattedre, quali la sua Anatomia, e le due Cliniche , la medica e la chirurgica.
Dagli storici sono state indagate le cause del fiorire degli insegnamenti privati di Medina a Napoli, e sono state manifestate opinioni diverse, fra cui le più importanti sono state la insufficienza dell’ insegnamento ufficiale ed alcune ragioni politiche.
L’ insufficienza dell’ insegnamento ufficiale universitario, è stato a volte ascritto a deficienze di insegnanti, a volte a deficienza di direzioni superiori. Scrisse il Combes nel 1843: si veggono per verità sulle cattedre uomini istruiti ed all’ altezza del loro posto: il professorato universitario presenta dei nomi celebri , ma loro manca giornalmente la direzione superiore, e taluni di loro, sia volontariamente e sia per circostanze estranee alla loro volontà, non adempiono alle loro funzioni che raramente ed a lunghi intervalli.
Se in un primo periodo l’ insegnamento era libero nel vero senso della parola, successivamente, senza opposizione  sistematica contro le Università, esso cominciò a costruirsi in modo più organico e conciliato con una direzione che potesse assicurare alla gioventù una somma  sufficiente d’ istruzione ; esso restava però pur sempre libero da ogni influsso esterno, universitario o politico. Mirabile esempio di libertà, in una città dominata da governi sommamente dispotici , il libero insegnamento visse esente da ogni freno sino al 1823.
Dopo la grande e gloriosa tragedia di quella Repubblica Partenopea che seppe il martirio di Domenico Cirillo, per tema non divenissero scuole di libertà quelle che dovevano essere scuole di scienza, un decreto reale dispose.
Tuttavia , poiché tornava assai facile ottenere il permesso , l’ insegnamento privato si conservò fiorente ancora sino al 1849 allorché, fatte più vive le apprensioni dei Principi borbonici dopi i moti del 48, le restrizioni aumentarono sempre di più tanto da strozzare sul nascere il fiorire delle scuole private. Questo secondo decreto restrittivo del 1849 era uno dei più naturali corollari del sistema sospettoso secondo il quale il Governo borbonico non ammetteva all’ insegnamento privato che uomini notoriamente ligi all’ ordinamento politico e religioso imposto dallo Stato. Esso derivava ovviamente proprio  dalla constatazione  che gli studi privati di medicina , proprio le Scuole ospedaliere, erano le principali fucine dei liberali napoletani e di quei sovversivi che tanto diedero alla causa dell’ unità d’ Italia. Pauroso covo ne era finanche il Reale Collegio Medico-chirurgico annesso all’ Ospedale degli Incurabili; Ferdinando II si compiaceva di dire e ripetere che ; e la 16° era rappresentata dal Collegio Medico; i moti liberali del 1820, del 1838 e del 1848, trovarono nella gioventù del Collegio un ausilio potente.
Precursori della Scuola Medica Ospedaliera Napoletana – intesa come una vera  e propria organizzazione di coordinamento dei Corsi tenuti dai docenti ospedalieri – furono alcuni Primati ospedalieri , dell’ Ospedale Incurabili: i proff. Foliena, Di Giulio, De Martino e Ciccone. Questi fondarono nel 1846 in seno all’ ospedale un ; la scuola diede vita anche ad un giornale medico periodico il quale ripeteva lo stesso nome . Dalla prolusione  al Corso pubblicata nel primo fascicolo dell’omonima rivista si legge: e per tanto venivano proposte come rimedio .
Nel clima dell’ epoca anche tale scuola divenne una fucina di giovani liberali, oppositori del governo borbonico: il prof. Ciccone venne arrestato selle scale dello stesso Ospedale  Incurabili!.
Il periodo che va dal 1848 al 1860 fu il periodo più bello , più grande, più glorioso, più produttivo della Scuola Medica Ospedaliera.
Quando infatti la Università non esisteva, o meglio non vi si insegnava, negli Incurabili fiorirono le scuole , mediche, chirurgiche ed anatomiche , e queste non solo educavano fortemente le menti al sapere, ma ritempravano gli spiriti e plasmavano ed incoraggiavano anche gli animi verso i nuovi destini che volevano l’ Italia libera ed unita.
Fu questa l’ era e l’ oro dell’ insegnamento medico incurabilistico, era nella quale nomi giganteschi, rispettati, onorati e temuti, appaiono sull’ orizzonte dello scibile medico: da Cotugno e Cirillo  a Ramaglia, Sementini, Lucarelli. Petrunti, De Renzi, Cattolica,Amantea, Armanni, d’ Amato, Ria, Capozzi, Moscati, e tanti altri fino ad A. Cardarelli , che dopo il Severino ed il Cotugno , anche egli dalla corsia dell’ ospedale assurse alla cattedra universitaria.
Dopo la costituzione  del Regno d’ Italia , la Libera docenza, come istituzione attuale , venne creata nel 1875 : Legge Bonchi . l’ autonomia della Scuola Ospedaliera Napoletana , più particolarmente quella degli Incurabili , venne affermata in una legge (16luglio 1882) , e successivamente ribadita nel 1890 e 1894.
All’ insegnamento libero quindi succedeva l’ insegnamento pareggiato che doveva servire di aiuto e di completamento all’ insegnamento universitario. Questo periodo fu meno glorioso del primo, ma anche in questo è periodo l’ insegnamento medico-chirurgico negli  Incurabili si mantenne  alto ed elevato come in nessun’ altra parte ed in nessuna città d’ Italia; basti ricordare i nomi di Tomaso Senise, patriota e clinico eminente, di Guarino, Fazio, Biondi ed altri per la medicina , e quelli di Caccioppoli, d’ Ambrosio, Foliena, ed altri per la chirurgia. Si potrebbe chiamare questa l’ era d’ argento della Scuola Medica  ospedaliera, ma anche questo fu un periodo bello e glorioso in cui il nome e la fama della scuola stessa furono sostenuti oltre che dal valore degli insegnanti , dal disinteresse, dalla  generosità , dal cuore  e dall’ abnegazione con cui questi si dichiaravano continuatori del glorioso passato .
Nel 1925 , dopo tanti secoli durante i quali l’ insegnamento clinico aveva vissuto nell’ ospedale una vita spontanea ma rigogliosa, considerata la necessità di coordinare i corsi pareggiati che i Liberi Docenti esercitavano negli Incurabili , e ripetendo quindi la stessa idea che nel 1846 avevano avuto altri Primari ospedalieri , un illustre Primario dell’ Ospedale , Gabriele Tedeschi , ancora appassionato insegnante sebbene volgesse già nel 70° anno di età, pensò e volle la costituzione di una che fu in pratica il primo abbozzo della cosi come attualmente costituita. Una scuola , secondo il Tedeschi, libera da ogni  vincolo burocratico ed universitario, una Scuola esercitata in concorde sforzo da tutti i più anziani e provetti Ospedalieri forniti del titolo di Libera docenza, una scuola che doveva servire da una parte quale palestra di nobile emulazione tra i Maestri , e dell’ altra come corso di aggiornamento e di perfezionamento  sia per studenti  degli ultimi anni clinici, e sia e soprattutto per i medici pratici così lontani dai centri universitari e così bisognosi di approfondire la loro cultura e la loro esperienza personale.
Dopo avere lasciato la Cattedra Capozzi  che con onore e con prestigio occupava nell’ Ospedale Incurabili , il Tedeschi realizzò il suo sogno al culmine della carriera ospedaliera e della vita professionale, nostalgicamente avvinto alle tradizioni del suo ospedale , animato dall’ orgoglioso desiderio di non veder sepolte quelle tradizioni che avevano suonato gloria per secoli in una dilagante mediocrità abulica ed unitaria.
Due anni di tenace ed indefesso lavoro gli furono necessari per concretare la sua idea; non solo ma anche sacrifici personali, oltre che di tempo anche di denaro; elargì oltre ventimila lire per l’ adattamento dei locali e per l’ arredamento dell’ annesso. Per realizzare il suo ferreo pensiero costruttivo dovette superare difficoltà non lievi, dovette  sbaragliare ostruzioni non pochi, dovette vincere ostilità sorde e palesi, chiare e dissimulate, dovette ingoiare amarezze, dovette superare avversità e gelosie.
L’ amministrazione straordinaria degli Ospedali Riuniti concesse il suo patronato alla Scuola e l’uso di locali appositamente riservati; il prof Pace che fu uno dei primi entusiasti collaboratori del Tedeschi mise a disposizione i suoi apparecchi personali, e cosi pure un altro collaboratore il prof. Cicconardi, donò alla Scuola un primo nucleo di libri che dovevano servire di base per la istituzione di una biblioteca.
Raccogliere in un fascicolo tutti i varii competenti e profondi conoscitori delle svariate branche mediche, comporto in un tutto armonico a beneficio della propria  ed altri cultura; creare nuove fonti di pratico ammaestramento per gli studenti dell’ ultimo biennio e per i medici liberi e condotti, desiderosi di apprendere per poter esercitare il loro mestiere con maggiore passione e con più elevata coscienza e dignità; mettere a disposizione  di costoro il prezioso e ricco materiale ospedaliero , migliorarne e completarne la cultura, mostrando quando di nuovo e acquisito alla scienza  ed alla pratica, nel campo della clinica , della terapia e delle scienze biologiche, nel supremo interesse della salute umana che è quanto di più sacro e geloso possa esservi nel mondo; fiancheggiare, insomma , con autorità, con dignità, con rispetto reciproco, con presidio di cultura e con mezzi biologici adeguati ma soprattutto con eminente indirizzo pratico, l’ opera degli Insegnamenti clinici universitari più specificatamente intesi invece al puro ed alto progresso della Scienza, pur sempre nel medesimo interesse per la salute umana: questi gli scopi della Scuola  Medica Ospedaliera Napoletana, questa la sua nobilissima  ambizione, ripetendo le stesse parole del Tedeschi nella propulsione che Egli tenne nella storica farmacia degli Incurabili, alla fine del 1925, propulsione che fu pubblicata nel 1926 nella rivista che  da quell’ anno divenne l’ Organo ufficiale della Scuola Medica Ospedaliera  di Napoli.
Tale rivista di Scienze mediche, fondata nel 1908 e diretta da Tomaso Senise, sin a quell’ anno aveva come principale norma statuaria la pubblicazione delle lezioni del prof. Cardarelli che proprio nel 1927 doveva finire la sua vita; successivamente quindi come prima norma si fregiò di pubblicare . Dalla rivista alla rivista (1933-1939) , alla nostra rivista , l’ attività della Scuola Medica Ospedaliera Napoletana , ha trovato sempre una degna e diffusa tribuna.
Al Tedeschi restò intestata per molti anni una , annessa alla Scuola , Scuola da egli stesso istituita, dalla commemorazione ufficiale fatta da  D. Pace  il 6 dicembre 1936 ; tre mesi dopo la sua morte, nella Farmacia monumentale dell’ Ospedale Incurabili, e da un’ altra commemorazione pubblicata da G. Fienga sulla rivista che in quell’ epoca rappresentava il giornale medico ufficiale dell’ Ospedale , riportiamo questi cenni biografici dell’ illustre Primario.
 
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Gabriele Tedeschi nacque il 18 febbraio 1859 a Villa Santa Maria nell’ Abbruzzo Chietino. Fin dall’ adolescenza  dette segni non dubbi d’ essere un precoce, dall’ anticipato ardere desiderio di apprendere e distinguersi; infatti già negli studi classici si fece singolarmente notare , ed essi furono da lui compiuti in modo assai brillante , avendovi posto serietà e la passione di chi vuole affrontare la vita professionale con quel corredo indispensabile di cultura generale che dà alla personalità intellettuale una completezza necessaria ed estetica.
Allorché s’ iscrisse alla Facoltà di Medicina e Chirurgia egli ubbidì ad una sicura vocazione, con la consapevolezza intima e divinatrice che quella fosse la via che avrebbe condotto alle mete ideali a cui tendevano tutte le forze del suo spirito pronto. ed aveva appena finito il primo biennio delle scienze naturali quando prendeva parte ad una gara bandita dal celebre chimico Prof .De Luca sul tema riportandovi il primato e conquistando un ambito premio d’ incoraggiamento .
nel 1883, consegui la laurea e , forte d’ una eccezionale cultura , dette inizio , a Napoli, a quella carriera professionale e scientifica che doveva elevarlo alle più alte vette della fama e della gloria.
Giovanissimo ancora entrò nella clinica del Prof. Cantani ed in questa fu prima assistente, poi Preparatore e Direttore dell’ Istituto antirabico annesso alla Clinica stessa, mentre , sotto la guida di quel sommo maestro che fu Luciano Armanni , attendeva appassionatamente agli studi di Istologia ed Anatomia Patologica. di tale periodo sono i suoi primi lavori originali e la collaborazione geniale al giornale che accolse importantissime sue riviste sintetiche.
nel 1891 conseguì per titoli la Libera docenza in Patologia Medica e Clinica Medica generale nella Università di Napoli , dove per ben quarantacinque anni dettò la sue meravigliose lezioni , alle quali accorsero numerosissimi studenti e medici, attratti dalla smagliante e persuasiva sua parola e dalla metodica eccezionale che fecero di lui un singolare Maestro.
nel 1891 concorse alla Cattedra di Patologia Medica nella Università di Modena e più tardi si cimentò per quella di Clinica Medica alla università di Messina, ottenendo una eligibilità quando mai lusinghiera , ma per l’ ingiustizia partigiana degli uomini di quel tempo non fu dato accedere all’ insegnamento ordinario . d’ altra parte potrebbe dirsi che questo fi ventura per la Libera Docenza italiana che ebbe da lui lustro immenso, poiché dalla sua scuola pareggiata egli dettò lezioni di clinica che furono considerate degne delle più grandi cattedre ufficiali.
Intanto nel campo professionale pratico Gabriele Tedeschi andava affermandosi in maniera superba ed in breve il consulente più quotato e ricercato non solo dalla città , ma di tutto il mezzogiorno d’ Italia . giacché la fama del suo valore e dei suoi successi si era andata diffondendo , assieme all’ entusiasmo quasi fanatico che egli aveva saputo infondere nell’ anima di migliaia di allievi sparsi dovunque, nei grandi e piccoli centri.
 
 
     
 
Questa meritata fortuna non lo distrasse però mai dalla sua passione  agli studi ed alla ricerca , anzi fu stimolo a sempre più alte mete e a sempre nuove conquiste ideali. E pubblicò numerose altre monografie. Sostenne pio e vinse concorsi  per titoli e per prove ed ottenne cosi i posti delle Prigioni di Napoli e quello di Medico ordinario dei R.R Educanti. Consecutivamente divenne poi Direttore del laboratorio di Chimica e Batteriologia negli ospedali della Pace e di S. Eligio , Direttore dell’  Ambulatorio per malattie del tubo digerente nell’ ospedale della  Pace , Direttore di Reparto nel grande Nosocomio degl’Incurabili ed in ultimo vinse brillantemente il concorso per titoli a Direttore della Clinica Medica , istituita nello stesso ospedale degli Incurabili. Tutti i maggiori istituti fecero a gara per poter usufruire del suo ambissimo parere in ogni caso controverso e difficile, e perciò fu nominato Consulente dell’ ospedale dei Pellegrini, Consulente dell’ ospedale S,Eligio, Consulente dell’ ospedale Municipale di  S.Gennaro  Extra Moenia , Consulente delle Ferrovie dello Stato.
Mentre si dedicava a questa eccezionale  attività , che rivelava una tempra d’ uomo superlativamente dinamico, come per miracolo fluivano dalla sua penna lavori importantissimi , che avevano accanto ad una indiscutibile genialità originalità, il dono d’ una chiara limpida esposizione preziose tutte, testimonianza sicura e documentazione indistruttibile della forza poderosa del suo ingegno, dell’ immenso suo acume scientifico, di uno straordinario senso critico e di una cultura poderosa ed eccezionale .fra le più conosciute vanno ricordate quelle che riguardano i suoi studi sulla eliminazione del piombo dall’ organismo nelle paralisi saturnine, i suoi metodi originali di palpazione del fegato e della milza, i disturbi del ritmo cardiaco nel gastro  ed  enteropatie, le angine gastriche e intestinali, l’ itterizia nella cirrosi volgare , l’ esame della motilità gastrica, l’ influenza dei nervi vasomotori considerata in diretto rapporto col cambio materiale , le ricerche sperimentali sull’ azione della morfina nello sviluppo  e nel decorso della infezione tubercolare, il suo pensiero sull’ ulcera duodenale, ecc.
Sopra tutte le sue pubblicazioni eccelle però senza alcun dubbio il grande Trattato di semiologia fisica e funzionale degli organi addominali, edito nel 1905 per tipi del Giannini. Opera importantissima ed universalmente nota, singolare  e preziosa creazione della sua attività intellettuale e risultato di una speciale esperienza clinica, questo poderoso denso volume dà a Gabriele Tedeschi l’ incontestabilità titolo di merito di documento organico quando di nuovo e di preciso si era acquisito in Italia essere stato il primo autore italiano che abbia saputo consacrare in un e fuori fra i più forti dell’ epoca, primo a coltivare la specialità delle malattie del tubo digerente e ad insegnare la semeiotica funzionale degli organi addominali  a Napoli , egli potette portare al suo trattato tutto il coscienzioso ed illuminato contributo delle sue personali indagini cliniche  e scientifiche, tanto da renderlo cosi completo e perfetto che dal suo primo apparire fu salutato dal plauso e dalla ammirazione di tutti ,in Italia e nei maggiori centri di cultura stranieri.
L’ uomo di scienza non volle negare la sua fervida e generosa operosità anche agl’ interessi amministrativi della città che lo aveva ospitato e dove aveva colto la palma delle sue più belle vittorie, e nel 1914 fu Consigliere comunale di  Napoli  e poi Assessore comunale per l’ Igiene , carica nella quale rimase per quattro anni . caldeggiò con appassionata e celebre orazione la necessità dell’ integrazione dell’ assistenza ospedaliera a Napoli , propugnò ed effettuò l’ istituzione di un ospedale per depositari  e diede il maggior impulso possibile alla costruzione dell’ ospedale Cotugno per malattie infettive, dove Il Municipio di Napoli  volle più tardi intitolare  a lui , in segno di riconoscenza, uno dei nuovi padiglioni.
Allorché gli si offrì l’ altissima carica di  Sindaco di Napoli egli la rifiutò , preferendo tornare tutto ai suoi studi prediletti ed al suo insegnamento , ai quali si dedicò con più intenso fervore  e con rinnovata passione.
La  Società Antitubercolare , primo tentativo  fatto a Napoli  di lotta contro la tubercolosi , lo ebbe , insieme  a Leonardo Bianchi , Socio Fondatore , ed anche in questo campo egli portò un largo contributo di generosa operosità.
L’ ultima opera costruttiva di Gabriele Tedeschi è stata la importantissima fondazione della Scuola Medica Ospedaliera  nell’ Ospedale Incurabili di cui fu degno Direttore  ed alla quale donò largamente attività e mezzi, affinché essa fosse all’ altezza del suo sogno. Accanto  alla scuola volle poi organizzare anche la , che divenne mercé sua una vera  e fiorente accademia , alla quale parteciparono con relazioni e discussioni di altissimo interesse scientifico e partico, tutti i più valorosi Medici e Docenti degli ospedali Uniti .Queste istituzioni rappresentarono fino agli ultimi  giorni della sua vitale passione dominante  del gran cuore di Gabriele Tedeschi che anelò sempre veder tornare il glorioso Ospedale degli Incurabili ai fastigi dei tempi non lontani , nei quali da esso s’ irradiava un’ infinita luce di dottrina e di esperienza.
 
 
BIBLIOGRAFIA
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Tedeschi G.: La Scuola Medica Ospedaliera nel suo passato , nel suo presente e nel suo divenire. Studium 16,2,1926.
 
 
 
 
 
 
 
Il Cardarelli Dalla rivista della Scuola Medica Ospedaliera Napoletana (Medicina – Chirurgia- Specialità) Gabriele Tedeschi (1859-1936) Appassionato continuatore della tradizionale Scuola Incurabilis
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Foto .1 . Prof Gabriele Tedeschi
Foto. 2. Il Tedeschi al centro dei suoi collaboratori al fianco della pricipessa dei Savoia. Ospedale Incurabili
Foto .3. Prima pagina del libro scritto dal Prof Tedeschi
Foto.  4. La famiglia Tedeschi
1928/1929
I° Riga da sinistra
Dott. Giulio Delli Ponti coniugato con Maria Tedeschi (I° figlia), Teodolina e Gabriele Tedeschi, Elvira Tedeschi(II° figlia e coniugata con) Dott.Gino Capone, Pasquale e  Dino (figli di Elvira Tedeschi)
II° Riga da sinistra
Sandro  e Gabriele Delli Ponti, Enrico Tedeschi(figlio di Teodolina e Gabriele e padre di Gabriellino)Pina Delli Ponti, Carlo Tedeschi(figlio di Teodolina e gabriele e coniugato con Carolina con in braccio Gabriele Tedeschi)Melina Tedeschi(figlia di Teodolina e Gabriele )con in braccio Teodolina ed Annamaria, Giacomo Finizia con in braccio Teodorico figlio di Emilia Tedeschi. 
Foto.5 Targa in memoria della scuola. ancora ben visibile nei pressi del chiostro. coperto dalle impalcature per i lavori. la targa si trova esattamente vicino dove ora c'è un bar.
Notizie storiche: Nel 1911 si tenne un concorso all' interno degli Ospedali Uniti , tra i numerosissimi concorrenti , tra cui figurvano i più colti medici  e concorrenti di tutto il Mezzogiorno. I posti erano solo 6 ed il vincere costituiva come il possesso del bastone di marisciallo , giacchè i Primari degli Ospedali erano coloro che avevano facoltà di dettare lezione  nelle infermerie appartenendo come provenienza  a queata unica categoria.Giuseppe Moscati, per la prova scritta e qualle  successive fece sobbalzare di ammirazione tutti i presenti al Concorso, di cui erano illuminati e severi giudici : Cardarelli A. De Renzi E.Stanziale R.De Reniis M. e Tedeschi Gabriele